La Sardegna sotto attacco

In un’estate con pochissimi soldi e poche vacanze, con città piene e spiagge vuote, con un tempo incerto e nessun gossip o tormentone degni di questo nome, per i media tradizionali è stato più complicato del solito attuare la classica terapia del sonno estivo approfittando della distrazione generale per far passare sotto silenzio determinate notizie.
Più complicato, ma non impossibile.
Soprattutto in virtù del fatto che esistono notizie sulle quali si tace sempre e comunque, d’estate come d’inverno.
Una di queste è lo spaventoso stato di militarizzazione cui è sottoposta da decenni la Sardegna.
Quando si tira in ballo la Sardegna, nei tg e nei quotidiani nazionali, generalmente si parla solo ed esclusivamente di Costa Smeralda e poco altro, vale a dire di una meta turistica da sogno frequentata da vip e milionari, sede del Billionaire di Flavio Briatore, dove nascono e proliferano tutti i più altisonanti gossip vacanzieri.
Squallori briatoreschi a parte, a sentire i media ufficiali si sarebbe portati a pensare al turismo come principale fonte di sostentamento dell’intera regione. Anche molti turisti che trascorrono qualche giorno su quelle meravigliose spiagge sono portate a considerare l’isola essenzialmente come un paradiso di vacanza. Neanche per sogno.
A suo tempo colonizzata e occupata dai Savoia e quindi dall’Italia (colonizzata e occupata sono i termini giusti e affatto provocatori, talmente veri che meritano un approfondimento a parte, in un articolo che magari scriveremo in futuro), la Sardegna è da sempre stata il principale raccoglitore nazionale del non visto, del non detto, del nascosto. Di tutto ciò che accade in Italia, deciso dalle politiche governative, ma che è meglio non sapere. In una parola: la discarica d’Italia. Anzi di più, la discarica dell’intero mondo occidentale.
Altro che meta turistica da sogno.
Nessuno sa, e soprattutto nessuno dice che il 61% (più del doppio quindi) delle servitù militari italiane sono di stanza proprio in Sardegna. E che proprio la Sardegna ospita i tre poligoni di tiro più grandi d’Europa, in piena e costante attività dal 1956.
Le consguenze di tutto questo sono tutt’altro che trascurabili.
Anzitutto l’economia di intere aree della regione (che per ovvie ragioni non sono assolutamente mete turistiche), ha finito per essere interamente dipendente dall’esistenza

del poligono. Relativamente a questo, e in maniera non del tutto secondaria, nelle stesse aree interessate vi è un reddito pro capite decisamente inferiore al resto dell’isola, nonché, ovviamente, un massiccio spopolamento.

A questo si aggiunga il costante aumento di tumori. Non vi sono ancora dati certi sulla correlazione tra impatto ambientale delle attività militari e determinate forme tumorali, ma non ci vuole un’équipe di scienziati per comprendere come tali attività siano tutt’altro che ecocompatibili.
Non è certa nemmeno la presenza di uranio impoverito, ma è invece provata la presenza massiccia di altra sostanza radioattiva e pericolosissima, il Torio 232. Così come è certo che almeno 800 ettari di territorio siano stati dichiarati contaminati.
La soluzione sarebbe una totale bonifica del territorio, operazione il cui costo si aggirerebbe, secondo le stime più autorevoli, ad alcune decine di milioni di euro.
Soldi che non solo nessuno ha, ma nemmeno che nessuno vuole provare a trovare.
Perché nessuno ha intenzione di risolvere questa situazione.
Anzi, a partire dal prossimo ventuno settembre, e per tutto l’autunno, le esercitazioni militari in Sardegna saranno considerevolmente intensificate, al punto da trasfromarla in un colossale teatro di prova per gli armamenti utilizzati dalle forze occidentali nei vari teatri di guerra che stanno devastando il mondo.
Tutte queste attività sono già state pianficate e approvate dalla giunta regionale e dal governo nazionale, da tempo e nel silenzio più assoluto e complice possibile dei media.
Le possiamo leggere nel dettaglio nel Programma del Secondo Semestre 2014 redatto dal Ministero della Difesa. In questo documento si insiste più volte con il termine esercitazioni, ma è chiaro come il sole che nel prossimo autunno la Sardegna verrà letteralmente bombardata.
Non è per niente facile reperire certe notizie.
Al di là dei media ufficiali, anche in internet l’informazione in proposito scarseggia.
Gli unici ad occuparsene costantemente sono, ovviamente, i quotidiani locali.
L’Unione Sarda, lo scorso 23 luglio, ha pubblicato e analizzato nel dettaglio tutte le operazioni militari cui l’isola sarà sottoposta da settembre in poi.
Proviamo una sintesi:
a QUIRRA (già teatro nel 2013 di una guerra elettronica simulata), verranno effettuati lanci di missili Aster 30 da terra e di razzi Spada, nonché azioni di bombardamento dagli elicotteri;
nel poligono del SULCIS andranno in scena bombardamenti effettuati con sganciamenti dagli aerei, tiri contro costa (cioè lanci dalle navi verso terra), e scuola di tiro missili Tow, Panzerfaust e Milan, tutti dotati di testate al già ricordato Torio 232;
a CAPO FRASCA, costa occidentale, volerà l’Iaf, l’areonautica israeliana, che testerà artifici di 6 tonnellate sganciandoli dagli aerei; previste anche esercitazioni di altre varie nazioni militarmente alleate all’Italia;
nel poligono di SANT’ENA sarà di stanza la Brigata Sassari, che per dodici giorni al mese si eserciterà testando bombe a mano e altre armi individuali.
In molti speravano, col passaggio della giunta regionale al centrosinistra, che le cose in materia militare sarebbero cambiate.
Il PD invece, per l’ennesima volta, delude (o forse sarebbe il caso di iniziare a dire “conferma”?), e si allinea e incrementa le peggiori politiche possibili

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