Quando il rock chiese aiuto al Bianconiglio

Correva l’anno 1967.
E correva in tutto il mondo, sto 1967, ma in California, a San Francisco, più precisamente nel quartiere di High-Ashbury, correva parecchio ma parecchio di più. Da quelle parti lì infatti esplose quel casino colorato e irripetibile che oggi come oggi si è soliti chiamare Summer of love.
Ma com’è che andarono i fatti? E com’è che sta Summer of Love esplose proprio lì a San Francisco?
Dieci anni prima, o giù di lì, uno dei più grandi poeti dell’epoca (e del ‘900 intero, dico io), un tizio allampanato che risponde al nome di Lawrence Ferlinghetti, a San Francisco ci aveva piantato la sede della sua libreria e casa editrice, la mitologica Citylights, che nel tempo d’un bau diventa il punto di riferimento di tutti i nuovi poeti e scrittori americani: Allen Ginsberg, Jack Kerouac, Gregory Corso e chi più ne ha più ne ha metta. La Beat Generation insomma, quel gruppo vario e cazzuto di artisti che oltre a scrivere in una maniera completamente nuova e rivoluzionaria, si mettono a dire cose tipo che il sogno americano esiste mica, che è tutta una presa per il culo, che il capitalismo è un mostro biblico tipo Moloch che divora gli esseri umani, che il trittico dio/patria/famiglia va preso e buttato nel cesso. E sti scrittori beat qua, visto che compreso il loro seguito son ancora quattro gatti e tutto il resto del paese ancora al sogno americano sostanzialmente ci crede, si piantano tutti a San Francisco attorno a Citylights, nel quartiere di North Beach, come fossero una riserva indiana.
E siccome son quattro gatti, però rumorosi e scandalosi, per levarsi di torno tutta sta banda di artisti fricchettoni le autorità di San Francisco alzano all’inverosimile i prezzi degli affitti di tutta North Beach. Così sloggiano, i beat, e dirottano nel quartiere più periferico e scalcinato di High-Ashbury.
Pare tutto finito, quando in realtà tutto deve ancora principiare.
Quando infatti si entra nel vivo degli anni ’60, e dal Vietnam cominciano a tornare chilometri di bare legate con la bandiera stelle e strisce e migliaia di ragazzi mutilati nel corpo e nell’anima, al sogno americano la gente comincia a crederci sempre meno. Le tanto snobbate parole dei poeti beat di colpo diventano così attuali che più attuali non si può, e prende il via una migrazione di massa di giovani artisti e giovani hippy verso San Francisco, quartiere di High-Ashbury appunto.
Nel 1967, all’alba della Summer of Love, High-Ashbury ospita qualcosa come 75mila persone provenienti da tutti gli States, e diventa il centro mondiale della comunità hippy e del movimento di contestazione alla guerra del Vietnam.
All’inizio ste 75mila persone son sostanzialmente divise in due grandi gruppi, che coabitano senza rompersi i coglioni, ma guardandosi con sospetto e ogni tanto polemizzando tra di loro. Da una parte gli hippy peace-and-love, dall’altra i barricaderos di Berkley che al pacifismo non ci credono per nulla. Ma siccome in comune hanno il rifiuto della cultura borghese e soprattutto l’opposizione totale alla guerra del Vietnam, e siccome in quei primi giorni del ’67 quella guerra maledetta raggiunge la massima potenza di fuoco mai toccata, si decide di unire le forze.
Il 14 gennaio per sancire il matrimonio si organizza lo Human Be-In, una gigantesca occupazione della città da parte della comunità underground e controculturale di High-Ashbury.
Il successo è apocalittico. San Francisco, o Frisco come la chiamava Jack Kerouac, diventa il centro del mondo, la capitale della controcultura dove dalla primavera all’estate si susseguono ininterrottamente concerti, feste, spettacoli teatrali, raduni, dibattiti.
E se dieci anni prima ad accompagnare le parole degli scrittori Beat c’era stato il jazz, nel 1967 a fare da colonna sonora ai movimenti di protesta tocca al rock.
Che non è più il rock ‘n’ roll semplice e scanzonato di Elvis, Chuck Berry o degli esordi dei Beatles. È il rock dei contenuti impegnati, della musica di ricerca, dello sperimentalismo, del groove ipnotico, delle contaminazioni con il folk e il blues, della psichedelia.
In quegli anni in mezzo al casino variopinto di Frisco e High-Ashbury, si aggirava una ragazzina poco più che ventenne, gambe da gazzella e occhi di ghiaccio che toglievano il fiato.
Artista, ribelle, appassionata di psichedelia, di musica spagnola e di letteratura fantastica, tra la fine del 1965 e l’inizio del 1966 si mette a scrivere una canzone dove riesce a mescolare, armonizzandole alla perfezione, tutte queste sue grandi suggestioni.
Il risultato è un capolavoro assoluto. La musica si sviluppa in un crescendo irresistibile e inquietante ispirato al celebre Bolero di Ravel, mentre il testo prende ispirazione dai personaggi e dalle ambientazioni del romanzo di Carroll Alice nel paese delle meraviglie, dove in libera associazione si susseguono cambi di dimensioni, proporzioni e prospettive, metafora di una coscienza rivoluzionaria che si allarga oltre i confini e i limiti imposti dalla società.
Tutto grazie all’aiuto del Bianconiglio, il celebre personaggio di Carroll che qui diventa il simbolo della psichedelia.
Visto che sta ragazzetta qua ha pure una voce della madonna, la canzone composta la canta anche, ma per sé, in privato, dal momento che non ha ancora una band.
Finché una sera, sul finire del 1966, a Frisco sente un gruppo di musicisti esibirsi in un locale. È amore a prima vista. La ragazzetta si propone ai musicisti e in uno sbatter di ciglia diventa la loro vocalist.
Passa appena qualche mese e la ragazzetta e la sua band sono sul palco ad aprire il colossale raduno dello Human Be-In. E il pezzo con cui danno inizio al concerto e, senza saperlo, alla Summer of Love, è proprio quello del Bianconiglio.
La ragazzetta si chiama Grace Slick.
La band invece si chiama Jefferson Ariplane.
E quel brano monumentale è White Rabbit.
Per quando il rock chiedeva aiuto al Bianconiglio…

 

Per quando il rock voleva dire rivoluzione…

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