A proposito delle cose che scrivo e che pubblico (una risposta e qualche precisazione)

Un lettore mi scrive a proposito del mio articolo sulla fusione Mondadori-Rizzoli pubblicato ieri (lo trovate qui sotto) chiedendomi, in sostanza: ma tu non ci hai mai pensato a pubblicare con uno di questi colossi dell’editoria? Perché non ti rivolgi a loro?

Domande all’apparenza brutalmente ingenue, ma che in realtà finiscono per dare alcuni spunti interessanti su diverse, necessarie, precisazioni circa il mondo dei libri, il suo funzionamento e, di conseguenza, il pericolo di tale fusione di cui, seriamente allarmato, scrivevo ieri.
Così rispondo. O quanto meno provo a farlo.

1) Sì, certo che ci ho pensato. Quale scrittore non pensa almeno una volta di essere pubblicato da case editrici gigantesche?
2) Eppure, tra pensiero e pratica, ci corre molto più di un abisso. Nel senso che, quando si parla di questi colossi dell’editoria, il percorso che conduce a un contratto di pubblicazione è diametralmente opposto a quello delle case editrici indipendenti, medie e piccole. Nel senso che una casa editrice indipendente, piccola o media che sia, ha un’opera di selezione “doppia”. Vale a dire che cerca gli autori ma riceve anche proposte. In soldoni: con una casa editrice indipendente, salvo eccezioni, io scrittore posso agire di mia iniziativa, prendere il mio manoscritto e spedirglielo chiedendo di essere pubblicato. Ovvio che non ho la certezza di essere pubblicato, anzi. Ho tuttavia la certezza di essere letto e valutato. E di ricevere, nella maggior parte dei casi, una motivazione del perché mi accettano o del perché mi rifiutano. I colossi dell’editoria invece, per ovvi motivi, non vagliano le proposte, non le prendono nemmeno in considerazione: visto il loro enorme mercato, non ne hanno bisogno. Di nuovo in soldoni: con Mondadori, Rizzoli, Feltrinelli, Adelphi e pochi altri “mostri”, non sei tu che ti proponi. Nel caso, sono loro che ti vengono a cercare.
3) Il tutto per dire, molto semplicemente, che al di là del mio pensiero in merito e della mia “politica” di scrittore, se una mia pubblicazione con i colossi editoriali non è attualmente contemplata, più che a me occorrerebbe chiedere a loro.
4) Se poi, come la mail del mio lettore lasciava trapelare, mi si chiedono i perché di tutto questo, possono essere molteplici. Potrei, senza dubbio, non essere abbastanza bravo, non avere il talento richiesto per accedere a questo “olimpo” dell’editoria italiana. Ma soprattutto, lasciando stare bravura e talento che troppo spesso rispondono a criteri decisamente soggettivi, la mia scrittura, così come quella di moltissimi altri scrittori, potrebbe non rientrare per niente nella loro linea editoriale, per stile, argomenti e per chissà quale altro motivo.
5) Attenzione: non vi è alcuno scandalo in tutto questo. Una casa editrice che non ti vuole perché non sei in linea con il proprio target di pubblicazioni è cosa normale e sacrosanta. L’editore è, anzitutto, un imprenditore. Non dimentichiamolo. E un imprenditore deve decidere in piena autonomia cosa produrre. Ancora in soldoni: se un imprenditore ha deciso di occuparsi di abbigliamento in pelle, io non è che posso lamentarmi con lui perché non produce velluto. Per l’editoria vale lo stesso. Se come linea editoriale hai deciso di pubblicare Moccia, ovvio che un neo Bukowski può essere geniale e talentuoso quanto vuoi, ma è un pugno in un occhio alla tua coerenza editoriale.
6) Concludo: proprio in questo risiede la mostruosità della fusione Mondadori-Rizzoli. Se il principio della coerenza editoriale è non solo sacrosanto, ma indispensabile, creando un monopolio assoluto, Mondadori-Rizzoli appunto, si impone all’intero mercato editoriale UN SOLO criterio di scelta, tagliando fuori tutto ciò che non vi rientra non da quella casa editrice, ma dalla stessa possibilità di essere pubblicato da chiunque altro. Semplicemente perché “chiunque altro” non esisterà più.

Ringrazio, come sempre, tutti quelli che mi scrivono e mi offrono la possibilità di approfondire gli argomenti di cui parlo.
Buona settimana a tutti,
Riccardo Lestini

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