Palestina

Apprezzo, e non poco, tutti i continui appelli alla pace in medio oriente che in queste ore si susseguono sempre più frequenti ovunque, da sedi ufficiali alla rete.
Io però, e lo dico consapevole del rischio di essere frainteso nei modi peggiori, non è la pace che invoco, ma i diritti.
La pace non è qualcosa che si genera dal nulla, non è una manna che piove dal cielo quali che siano le condizioni storiche e oggettive.
La pace è un punto d’arrivo, e non si può chiedere pace se prima non vi sono condizioni paritarie, identici pesi e identici misure. Non si può chiedere pace se prima non vi siano diritti. I diritti di un popolo costretto a vivere da decenni sotto perenne occupazione militare, sfrattato dalla sua terra, relegato in un fazzoletto osceno di mondo, condannato alla miseria, al sangue e alla sofferenza, a cui continuamente viene negato lo stesso status di popolo e nazione.
Per questo, ripeto, il mio appello non è per la pace, ma per i diritti del popolo palestinese. Da pacifico quale sono, ripeto ‘pacifico’ e non pacifista, non istigo e anzi condanno le aggressioni, ma rivendico il diritto degli oppressi a ribellarsi ai soprusi e alle violenze degli oppressori, con ogni mezzo possibile.

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