Ha vinto solo Renzi

I risultati elettorali ci consegnano – a mio avviso – il quadro politico più semplice da leggere degli ultimi venticinque anni. Un unico, netto e indiscutibile vincitore. Non una coalizione, non un partito, non un movimento, non un ideale. Ma un leader solo al comando che con la sua personalità, e soltanto in virtù di questa, ha raggiunto percentuali mai viste in Italia, di certo mai viste nella storia più recente della Seconda Repubblica, neanche nei momenti di più acceso innamoramento degli elettori per Silvio Berlusconi.
Vince così Matteo Renzi. E vince su tutti, anche sul PD.
Varie considerazioni, in ordine sparso ovviamente, com’è mio miglior costume post elettorale.
1.Ripeto, non ha vinto il PD, ha vinto Matteo Renzi e lui soltanto. Per capirlo, non servono troppi sofismi o interpretazioni di sorta. Basta la matematica, vale a dire uno sguardo sui numeri percentuali. Rispetto alle elezioni politiche dell’anno scorso, il PD passa dal 25,4 al 40,8, gudagnando qualcosa come oltre 15 punti percentuali. Un dato enorme, pazzesco, incredibile. Soprattutto se in mezzo ci mettiamo quindici mesi di disastri interni al PD d’ogni ordine e grado. Un aumento prodigioso e spettacolare che si spiega solo con l’appeal di Matteo Renzi. È lui, la sua personalità e il suo modo personalistico di intendere la politica, ad aver portato il centrosinistra a questo risultato storico. Da dove vengono questi voti? Di nuovo il confronto con l’anno scorso ci aiuta, e non poco. Il cartellone elettorale di Mario Monti nel febbraio 2013 si attestava al 10,5%, oggi l’ex Scelta Civica è sotto l’1%. Un’emorragia che è confluita praticamente in toto all’ombra di Matteo Renzi, che da sempre – dai primi passi della sua ascesa politica alla presidenza della Regione Toscana, vanta un ascendente e un gradimento fortissimo verso una fetta fondamentale di quel mondo liberal e industriale che costituiva il nerbo della coalizione montiana. Se a questo si aggiunge lo spostamento naturale di un certo elettorato di centrodestra verso il PD, ecco presto spiegato il “miracolo” renziano dello sfondamento del 40%. Ma lasciando stare calcoli e matematica, torno a chiedere: ha vinto il PD? E torno a rispondere: no, ha vinto solo e soltanto Matteo Renzi. Perché l’idea di un’Italia socialdemocratica, idea non tanto bersaniana quanto ideale fondante e fondativo dell’intero PD, non avrebbe mai attirato dalla sua il bacino elettorale di cui sopra. Con Renzi il ‘travaso’ diventa possibile non per un maggior spessore politico dell’ex sindaco di Firenze, ma perché l’impianto ideologico renziano è naturalmente in sintonia con quell’elettorato, e distante anni luce da qualsiasi parvenza di socialdemocrazia. Per questo torno a dire ancora: non ha vinto il PD, o meglio non hanno vinto gli ideali su cui quel partito ha celebrato il suo atto di nascita. Non è una semplice e naturale evoluzione, né un naturale ricambio generazionale. Si tratta di una trasformazione totale: un partito che da socialdemocratico diventa liberale. E allora chiedo agli amici del PD, in particolare quelli con cui ho condiviso anche molti percorsi, in particolare quelli che l’hanno fatto nascere: va bene così?
2.Se a destra di Renzi ci sono solo ceneri (non è solo il minimo storico di Berlusconi, ma il fatto che la neonata formazione di Alfano, sommata alla rediviva Forza Italia resta quasi 2 punti sotto il risultato del PDL nel febbraio 2013), anche a sinistra regna il vuoto assoluto. Al di là dell’entusiasmo per il raggiungimento del fatidico 4%, ha perso anche l’operazione Tsipras. Il 4% della compagine che sarebbe stata la mia collocazione politica naturale (ma che ho rifiutato, come già spiegato, perché pura operazione elettorale nata a freddo e senza concretezza) è un risultato misero. Non solo perché è desolante un 4% per la somma di tutte le forze realmente di sinistra d’Italia, ma soprattutto perché questo benedetto 4% è inferiore di 1,5 alla somma dei voti presi alle politiche 2013 dalla lista Ingroia e da Sel. Perciò: cosa c’è da festeggiare?
3.Non è vero che Grillo è il grande sconfitto. Di certo il Movimento Cinquestelle, per la prima volta dalla sua nascita, ha giocato una partita accarezzando l’ipotesi concreta di una vittoria. Un sogno coltivato che è finito con 19 punti di distacco dal PD di Matteo Renzi, e con oltre 3 punti in meno rispetto alle politiche del 2013. Eppure, a mio avviso, è tutt’altro che una sconfitta. Prima di tutto, resta la principale (unica?) forza d’opposizione di questo paese. Ma soprattutto, il M5S ottiene il 21% di voti senza avere giornali di partito, dichiarati o subdoli, senza avere l’appoggio delle televisioni e di qualsiasi altro mezzo di comunicazione ufficiale. Anzi. Per quanto io sia sempre stato poco tenero con il modus operandi di Grillo-Casaleggio&Co., riconosco come il M5S sia andato oltre il 20% nonostante una campagna d’informazione ai limiti del vergognoso, completamente denigratoria, che ha giocato per mesi a mettere in luce (e in prima pagina, si mettano soltanto in fila le prime pagine di Repubblica) solo e soltanto le epurazioni e altre magagne. Mentre, viceversa, cose oggettivamente più gravi (penso soprattutto agli scandali Expo), sono stati fatti sapientemente passare sotto silenzio. In una simile situazione, comparabile soltanto con i fasti censori dell’impero televisivo berlusconiano dei tempi che furono, andare oltre il 20% è molto più di un miracolo. Un miracolo da cui i grillini, correggendo ed eliminando clamorosi errori di metodo, dovrebbero ripartire per non buttare via ogni cosa.
4.Chiudo con una considerazione rivolta esclusivamente alla mia persona: in uno scenario simile, per quanto mi riguarda, sono ancora più convinto come astenermi dal voto sia stata l’unica scelta possibile.

RL

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