Una brutta storia raccontata malissimo

Ci sono menti “illuminate” (virgolettato d’obbligo) sempre pronte ad accaparrarsi il “caso” del momento. Talmente smaniose di farsi paladine della causa del giorno da non preoccuparsi di analizzare, approfondire, guardare le cose nella loro effettiva profondità e complessità.
Basta l’hastag a effetto, il titolo che chiama condivisioni virali.
Nel mondo della comunicazione usa e getta, nel mondo del superficiale come missione esistenziale, basta e avanza. Tanto il giorno dopo il “caso” è subito dimenticato per lasciare il posto a uno nuovo, da trattare col medesimo zelo. E con la medesima superficialità.

La brutta, bruttissima storia di Giulio – il ragazzo autistico di Livorno a cui è stata negata la partecipazione alla visita guidata organizzata per la sua classe – purtroppo non fa eccezione.
Da molti, moltissimi (le menti “illuminate” di cui sopra), questa storia così drammatica (e così esemplare), è stata ridotta a un singolo atto di “stronzaggine” di insegnanti disattenti, beceri e insensibili. Magari fosse così, magari fosse “solo” questo il problema.
Certo la scuola del ragazzo – gli insegnanti, il dirigente, il consiglio di classe – ha commesso una leggerezza imperdonabile, informando la famiglia della visita guidata (e della non partecipazione di Giulio) soltanto la mattina stessa dell’iniziativa. Ma anche se avessero avvertito la famiglia un giorno, una settimana o un mese prima – e qui sta il tragico – non sarebbe cambiato nulla e Giulio non avrebbe partecipato comunque. A inizio anno infatti (come è spesso di prassi per situazioni del genere) tra scuola e famiglia vi era un accordo per valutare insieme, volta per volta, l’opportunità o meno di far partecipare il ragazzo alle varie iniziative extra curricolari. E siccome nelle due precedenti visite guidate la decisione di non farlo partecipare era stata condivisa sia dalla scuola sia dalla famiglia, in questo caso, essendo l’iniziativa ancor più complessa delle precedenti, è stato ritenuto superfluo convocare ancora i genitori. Una brutta leggerezza, brutta e sgradevole. Ma una leggerezza di comunicazione, non certo di volontà.
Il problema non sono insegnanti stronzi e insensibili che vogliono negare a un ragazzo autistico la possibilità di partecipare a una gita, ma una scuola – non la scuola di Livorno, ma la Scuola Italiana tutta – assolutamente non attrezzata a farlo.
Questo racconta la storia di Giulio, questo grida la sua vicenda e quelle molto simili di giovani e giovanissimi come lui: che le principesche riforme scolastiche che si susseguono frenetiche a ogni cambio di governo si riempiono continuamente la bocca della parola “inclusione”, ma poi non intendono investire un solo centesimo per realizzarla veramente. E le parole fumose e inconsistenti del ministro Giannini, intervenuto sull’argomento, confermano tragicamente questa non-volontà di intervenire.
Questo andava e va raccontato. Questo andava e va denunciato. Si è preferito non farlo e mettere invece sulla graticola l’operato dei docenti, l’operato di chi – in situazioni sempre più drammatiche, senza alcuna tutela, con rischi sempre più grandi che presto renderanno impossibili le iniziative anche per i ragazzi senza alcuna certificazione – nove volte su dieci lotta quotidianamente contro i mulini a vento e fa i salti mortali per includere in una scuola (e di una società) che, di diventare davvero dell’inclusione, non vuole proprio saperne.

E non scrivo certo per amore di categoria o spirito corporativo (da insegnante, sono sempre stato – e sempre sarò – il primo a fustigare me stesso e i miei colleghi per le nostre inadeguatezze, i nostri sbagli, le nostre leggerezze e le nostre facilonerie), ma per amore di verità.

Ma evidentemente la verità – che è complessa, profonda, viene da lontano e va lontano – nello spazio di un post a effetto non trova posto. Molto più facile l’hastag d’impatto, gridare allo scandalo senza approfondire né entrare nel merito e avere pure il coraggio di dichiararsi giornalisti di denuncia, giornalisti sulla breccia, da barricata.
Peccato che sulle barricate, quelle vere, quelle che i ragazzi come Giulio conoscono molto bene, per parlarne bisogna starci tutti i giorni.

‪#‎resistenzeRiccardoLestini‬

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