Ragazzi

Se togliamo la (legittima) paura del contagio e di nuovi focolai a catena e incontrollati, la (sempre legittima) preoccupazione dell’adozione di tutte le misure di sicurezza, se togliamo la necessità sociale e formativa di tornare in classe, se togliamo le (di nuovo legittime) polemiche e rimostranze per una gestione generale spesso contraddittoria, caotica e non sempre all’altezza, e se togliamo anche le bufale agghiaccianti su sequestri di alunni e via discorrendo, in merito alla riapertura della scuola cosa resta?
Restano i bambini e i ragazzi, la loro anima. Ovvero la cosa più importante, e di cui nessuno parla mai.
Io capisco perfettamente che oggi i ragazzi per i più sono “gli irresponsabili”, “quelli che se ne fregano”, “quelli che vanno a ballare rialzando la curva dei contagi”, “i colpevoli”.
Ma i ragazzi sono anche altro, soprattutto altro. Sono la fascia emotivamente più fragile della società, che spesso – semplicemente sordi o direttamente infastiditi dalla sfacciata energia della giovinezza – finiamo per trattare con superficialità inaudita.
Come in questo caso, dove parliamo (giustamente) ore, giorni e settimane di banchi monoposto e rime buccali, ma non dedichiamo nemmeno un minuto a come gestiremo la loro sensibilità e se saremo in grado di gestirla, alla dolcezza necessaria per affrontare emotivamente il rientro dopo tutto questo tempo in una scuola che non è più quella che hanno lasciato, per affrontare tutti gli sbagli, gli inciampi e i pianti in un percorso più precario, accidentato e infinitamente più imprevedibile del solito.
Come troveremo l’equilibrio necessario a instaurare serenità e normalità in una situazione che di normale non ha niente.
Io di questo, da insegnante, a una manciata di settimane dal rientro vorrei parlare e di questo mi preoccupo.
Mi preoccupo di loro, dei bambini e dei ragazzi.
Togliergli mezzo anno di scuola è stato spaventosamente necessario.
Non togliamogli il diritto alla comprensione e alla dolcezza: saremmo responsabili, stavolta senza alcuna giustificazione, di un danno tragicamente irreparabile.

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