1994

Ho visto l’ultima puntata di “1994”, la serie TV prodotta da Sky con Stefano Accorsi, Guido Caprino e Miriam Leone.
Che non era solo il finale di stagione, ma la conclusione dell’intera trilogia, iniziata con “1992”, proseguita con “1993” e conclusa, appunto, con “1994”.
Ed è stato un finale, senza troppi giri di parole, di rara, rarssima bruttezza. Più o meno, sempre senza girarci troppo intorno, tutto ciò che di sbagliato si può fare in una serie del genere, è stato fatto.
E dispiace, perché l’inizio, ovvero “1992”, non era così male, anzi.
Certo, non è mai stata all’altezza di prodotti come “Gomorra” o “Romanzo Criminale”, e il gap tra la pretesa (raccontare gli anni di Tangentopoli e del passaggio dalla Prima alla Seconda repubblica mettendo in primo piano alcune storie inventate, ma esemplari, che fatalmente si vanno a intrecciare con la “grande” storia) e la resa (limiti di produzione, limiti enormi di regia, risultata sempre piatta, se non proprio fiacca, limiti di sceneggiatura, con l’intreccio di cui sopra spesso goffo e di scarsa credibilità e limiti di recitazione) è decisamente alto.
Eppure, ripetiamo, “1992” reggeva nonostante i limiti, nonostante gli imbarazzi recitativi, la regia spaesata e mai incisiva e nonostante una fotografia mai in grado di renderci minimamente la luce e i colori di quegli anni.
Reggeva perché i personaggi reali (Di Pietro, Dell’Utri… ) rimanevano sullo sfondo senza prendere il sopravvento, i personaggi principali li lambivano portando avanti le loro vicende che – seppur con qualche buco e scivolone di sceneggiatura sulla sponda del patetico e del drammone stile fiction Rai – restavano disperatamente anni 90. E reggeva perché l’equilibrio raggiunto manteneva alto l’interesse di scoprirli e riscoprirli, quegli anni, riuscendo anche, ma solo a sprazzi, a illuderci di farceli comprendere dalla porta secondaria della microstoria.
Poi, nello svolgimento di “1993”, la sceneggiatura già pericolante ha iniziato a imbarcare acqua. Ovvero, ha iniziato a portare alla ribalta i personaggi reali, e Berlusconi e Di Pietro (e poi via via D’Alema e tutti quanti… ), da icone sullo sfondo sono diventati protagonisti, ma l’assenza di forza della scrittura li ha tramutati in macchiette, che mescolate al complicarsi delle vicende degli altri personaggi principali ha reso il tutto decisamente annacquato, se non proprio grottesco. Conclusione: la lettura della Storia con la esse maiuscola è diventata banale, superficiale e a tratti irritante. Le micro storie, semplicemente noiose e poco credibili. Per poi trasformarsi, in “1994”, in pura fantascienza.
Se la storia dell’eroe di strada ex militare e sbandato diventato deputato della Lega Nord e quindi sottosegretario poteva reggere, la simultanea ascesa della escort da amante di un imprenditore inquisito a geisha di un produttore a starlette Rai quindi a ministro, intrecciata con le mille vite di Leonardo Notte, pluriomicida e uomo occulto della seconda reppublica, erano francamente troppo.
Ridicole senza troppo da aggiungere.
Quel prodotto semplicemente annacquato che era “1993” è diventato, in “1994”, disastroso: otto puntate una peggiore dell’altra, terminate con un il feuilleton improbabile del triangolo amoroso tra il sottosegretario leghista diventato assassino in fuga, Leonardo Notte salvato dall’accusa di omicidio da una ripicca di un ex collaborator di Di Pietro, e la futura ministra ex escort incinta non si sa di chi dei due. E con un terrificante flash foward al 2010 che è andato anche oltre la fantascienza.
Peccato, perché quegli anni lì, complessi e decisivi, che davvero potrebbero spiegare il nostro presente, non meritavano tutto questo.
E speriamo che un giorno la loro storia venga scritta e raccontata come si deve.

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