“C’era una volta una bambina di nome Cinzia che fin da piccola amava rotolarsi nel fango ed arrampicarsi sugli alberi… “

C’era una volta una bambina di nome Cinzia che fin da piccola amava rotolarsi nel fango ed arrampicarsi sugli alberi”

Storie di belle ragazze – Cinzia D’Eramo

Oggi il nostro viaggio ci porta in Abruzzo, a conoscere una splendida ragazza di nome Cinzia D’Eramo.

Cinzia è un’insegnante di lettere al liceo, un’insegnante di frontiera, sempre in prima linea, che interpreta il suo mestiere in maniera assoluta e non si rassegna alle mille metastasi che rodono senza pietà la scuola italiana. Una combattente senza altro da aggiungere che ho incrociato sulla mia strada, manco a dirlo, nei mesi caldi e tumultuosi delle proteste di noi insegnanti contro la “Buona Scuola” del governo Renzi.

Cinzia è una di quelle insegnanti idealiste e battagliere che potresti trovare in un film francese scritto da Pennac e incentrato sugli adolescenti problematici. Non essendo però creatura filmica, ma per fortuna reale, oltre al romanticismo degli ipotetici centoventi minuti di pellicola c’è in lei anche il senso della sconfitta e di frustrazione per una realtà grigia sempre più difficile da combattere o anche solo da contrastare.

Ma non c’è la resa. La sensazione è che Cinzia, all’idea di trasformare questo nostro mondo malato e claudicante un posto più sano, giusto e dignitoso, non alzerà mai bandiera bianca.

Combattente dentro e fuori la scuola, quando le chiedo cosa sceglierebbe se fosse costretta con la forza a vedere un solo film per tutta la vita mi risponde, ovviamente, “Braveheart”. E idiota io che non ci ho pensato prima.

Ciò che più di ogni altra colpisce, in lei, è un raro e meraviglioso equilibrio di contrari, un senso spaventosamente concreto del reale sposato alla capacità di fantasticare e di inseguire i sogni più vertiginosi. Un’adulta presente a sé stessa che ha saputo conservare dentro di lei la parte più pura, immacolata e autentica della bambina che è stata.

Forte e dolce, caparbia e tenera, danza con leggerezza e cammina con determinazione.

Penna raffinatissima oltretutto, raro caso di persona che somiglia in toto alle cose che scrive, leggendola si coglie l’attenzione, il senso altissimo di responsabilità che ha nell’esprimersi, dicendo sempre ciò che pensa e pensando sempre ciò che dice.

C’è qualcosa, nella sua forza, di magico e trascinante, arcaico e primordiale come la potenza e l’incanto del mare. Il mare, appunto. Cinzia dà l’impressione di essere una creatura marittima e forse non è un caso che, quando le chiedo quale sia il suo colore preferito, mi risponda l’azzurro. E non è certo un caso che, se questa intervista fosse avvenuta dal vivo, avrebbe scelto come luogo un ristorante in riva al mare. Però adesso è autunno, aggiunge, quindi un’enoteca intima e raccolta. Con un Montepulciano d’Abruzzo DOC “Nativae” della Tenuta Ulisse a innaffiare le nostre parole.

Tempo fa Cinzia mi pose delle domande importanti che mi permisero di riflettere in maniera decisiva sul senso più profondo del mio essere scrittore. Non l’ho mai scordato e spero, con questa intervista, di averle reso almeno in parte quel favore.

Come sempre inizio chiedendole: “Se la tua vita fosse una fiaba e iniziasse col più classico dei “C’era una volta una bambina di nome Cinzia che… “, come continueresti questo incipit?”.

E lei risponde: “che fin da piccola amava rotolarsi nel fango ed arrampicarsi sugli alberi. Costruiva capanne di rami e giocava a fare esperimenti scientifici con acqua terra e colori, insieme ai suoi amici Guardava le stelle e sognava un giorno di fare un viaggio intergalattico. Praticava arti marziali, grazie ai quali imparava il rispetto, l’amicizia, il controllo e la forza morale e fisica. Un giorno incontrò un’insegnante che le aprì gli occhi su un nuovo mondo.  Studiò, studiò e diventò una scienziata. Inventò la macchina per il teletrasporto spazio-temporale. In un viaggio incontrò un uomo affascinante e gentile che aveva inventato una forma di energia pulita per tutto il pianeta. Si innamorarono e insieme decisero di salvare il mondo dall’autodistruzione. Ebbero due figli, Primavera e Sole, e vissero impegnati e intraprendenti”.

Le avevo chiesto una frase e mi ha regalato una fiaba intera.

Ripeto: un’adulta che ha saputo tenersi dentro la purezza e il sogno dell’essere fanciulli.

Quello che segue è quanto ha voluto regalarci.

D – Cinzia, partiamo dal tuo lavoro, che è quello dell’insegnante di scuola superiore. Ci vuoi raccontare come questo mestiere è capitato sulla tua strada, se lo hai scelto oppure è stato un caso?

R – Nulla accade per caso. Sono figlia di due maestri ormai in pensione. Sono cresciuta tra libri e schede didattiche. Giocavo a “faccio la maestra” con mio fratello più piccolo e con le bambole. Da adolescente ho immaginato di fare tutt’altro per ribellione ai miei genitori.

Ho l’insegnamento nel DNA. Ho scelto la facoltà di lettere classiche con un obiettivo preciso: diventare insegnante!

D – Se non avessi fatto l’insegnante, dove pensi ti avrebbe portato la vita professionale?

R- Ad occuparmi della gestione del personale in qualche azienda. Da precaria, prima di vincere i concorsi, mi ero informata presso la Luiss di Roma per un master universitario in risorse umane.
O forse avrei scelto un corso di giornalismo.

D – Oggi il mestiere dell’insegnante è spesso e volentieri bistrattato e sottovalutato. Quali sono a tuo avviso i motivi e tu, da insegnante, come vivi tutto questo?

R – La campagna di denigrazione messa in atto dai media filogovernativi, che ci fa apparire come privilegiati e/o scansafatiche, è funzionale ad una volontà politica: pagare poco gli insegnanti e, contemporaneamente, ridurli ad operai culturali, impiegati esecutivi all’interno di un sistema sempre più aziendalizzato e spersonalizzante.
Da insegnante cerco di ovviare alla frustrazione attraverso un atteggiamento contrastivo e mantenendo un dialogo educativo aperto e costante con i miei studenti, ispirato alla volontà di scuoterli dalla passività e accendere in loro la passione per la conoscenza e una profonda coscienza civica e lasciarmi entusiasmare dalla loro vitalità.

D – u sei, permettimi il termine, una “docente in prima linea”. Nel senso che ti batti incessantemente e instancabilmente per una scuola migliore. Io stesso ho avuto modo di conoscerti in occasione delle grandi mobilitazioni di noi insegnanti contro la riforma della “Buona Scuola”. Ti andrebbe di spiegare a chi ci legge quali sono i principali mali che affliggono la scuola italiana?

R – Una politica di tagli dei fondi destinati all’istruzione intesa come un capitolo di spesa invece che un investimento a lungo termine. Nei Paesi in cui si attua una politica di investimenti nel settore istruzione e ricerca dopo 15/20 anni si registra un aumento del PIL. E si continuano ad elargire fondi statali alle scuole private!
L’ingresso di principi di utilità pratica nel sapere e una didattica per competenze che snatura la cultura, che è per sua natura a-utile. Il conseguente svilimento di discipline quali il latino, la storia, la geografia, la storia dell’arte che non offrono impieghi immediatamente pratici e che sono anche lo strumento per conoscere la nostra peculiare cultura e la sua incredibile storia. Una volontà di cancellare il nostro passato e le nostre tradizioni e creatività in nome di una specializzazione precoce adeguata alla richiesta di lavoro tecnico-pratico e ripetitivo, di manovalanza a basso costo e di sudditanza. Anche l’alternanza scuola-lavoro si inserisce perfettamente in questo disegno.
La logica meritocratica introdotta con il bonus premiale destinato ai docenti meritevoli, che spesso sono quelli che svolgono mille funzioni e progetti e che stanno poco in classe, invece di promuovere la collaborazione rischia di introdurre competizione all’interno di un gruppo di colleghi, che deve

agire collegialmente e contemporaneamente al raggiungimento dell’unico obiettivo della crescita culturale e umana degli studenti. È una pericolosa contraddizione che mina la democrazia scolastica. Il potere eccessivo dato ai Dirigenti. La chiamata diretta!
L’aziendalizzazione della scuola ha inoltre anche la conseguenza di vedere lo studente come un cliente. Pertanto la scuola rischia di abdicare al suo ruolo educativo per soddisfare le esigenze del cliente (genitori e studenti). Una buona educazione passa invece da tanti no. Ma oggi tra timori di ricorsi e pressioni dei dirigenti e dal Miur si dicono tanti sì.
Potrei continuare per ore per quanti mali vedo nella scuola di oggi. I ragazzi comunque sono gli stessi di sempre. Per la legge dell’economia si adagiano “straiati” quando viene loro offerta questa possibilità. Gli studenti sono comunque espressione di gioia e vitalità e andrebbero infiammati e ispirati da docenti considerati professionisti e remunerati adeguatamente e non da docenti ridotti a burocrati con stipendi bassi e fermi da circa 10 anni e spesso troppo anziani e stanchi. 

D – Sempre relativamente alla “Buona Scuola”. Molti continuano a dire: comunque la riforma di Renzi ha stabilizzato 150mila precari, quindi è assurdo criticarla. Come rispondi a queste voci?

R – La stabilizzazione dei precari era un obbligo imposto al Ministero dalla Corte europea e confermata in un secondo momento dalla Corte costituzionale perché è stato dichiarato illegittimo un precariato ultratriennale. Nessun merito dunque a Renzi. Inoltre il meccanismo delle immissioni in ruolo è stato complesso e, spesso, impietoso, con destinazioni scelte da un algoritmo che si è, a posteriori, rivelato non funzionante; comunque non ha risolto la “supplentite” (continuano infatti a mancare i docenti soprattutto a Nord) e ha introdotto la figura del docente di potenziamento che spesso è un tappabuchi.

D- Oggi che la Buona Scuola è legge, quali sono le principali battaglie che stai portando avanti? 

R- L’abrogazione della legge in toto. E anche della riforma Gelmini. Onestamente tornerei a una scuola statale pre-autonomia.

D- Tu ti sei anche impegnata attivamente in politica, candidandoti alle elezioni amministrative del tuo comune. E’ stata una scelta dettata dalla pura passione politica oppure dalla necessità e dall’urgenza di un momento storico particolarmente critico?

R- Pur avendo da tempo maturato una passione politica e una coscienza civica, per un desiderio profondo di lotta alle ingiustizie e disuguaglianze che ho sempre avuto, fin da bambina, è stata l’urgenza del momento storico critico a spingermi a scendere in campo in prima persona.

D- Perché il Movimento Cinquestelle e non altri partiti?

R- Quando la 107 era ancora un ddl ho notato che a difendere la scuola pubblica era un gruppo sparuto di sinistra e il M5S. Ho iniziato allora ad informarmi meglio sulle idee del movimento. Ho partecipato ad incontri organizzati dal M5S locale ed ho conosciuto belle persone con cui ho scoperto di condividere obiettivi. Ho iniziato ad essere attiva all’interno del gruppo; poi la mia candidatura e a tutt’oggi sono sempre presente sul territorio e responsabile della comunicazione del gruppo cittadino.

D- In cosa Cinzia si sente più forte? 

R- Nella tenacia e nella resilienza.

D – E in cosa Cinzia si sente più impotente? 

R – Nel vedere che spesso un’azione non è che una goccia nel mare e nel constatare che molti si lamentano ma pochi agiscono.

D – Se la bambina della prima domanda oggi ti incontrasse, che cosa ti direbbe? 

R – Ciao Cinzia grande. Mi somigli tanto. Dov’è la macchina del teletrasporto ché vorrei andare su un pianeta sconosciuto a fondare un mondo migliore? Le risponderei che non sono una scienziata perché ad un certo punto tra viaggi intergalattici e la chimica ho preferito la poesia! Ma le stelle sono sempre con me e ne sono cinque! (Sorriso)

Quando troverai questa macchina, sei pregata di chiamarci.

Perché vogliamo venire anche noi.

Tutti noi che ancora crediamo che un altro mondo sia veramente possibile.

A giovedì prossimo,

RL

#StorieDiBelleRagazze

#storieRiccardoLestini

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