Sotto sequestro

Sulla questione della Diciotti, forse occorrerebbe chiedere e chiedersi altro.
Soprattutto altro.
Partendo dal presupposto che se Salvini abbia o meno violato l’articolo 605 del codice penale lo può stabilire soltanto un tribunale, e che la questione dell’immunità parlamentare è più che altro un problema interno degli alleati di governo del ministro (perché sì, quale che sia la questione specifica, fa sinceramente impressione vedere diventare di colpo garantisti politici che fino a sei mesi fa avrebbero sostenuto e incoraggiato processi sulla base di semplici delazioni personali), la storia della nave della Guardia Costiera della Marina italiana tenuta forzatamente al largo per nove giorni l’agosto scorso, solleva interrogativi che vanno molto al di là dei tecnicismi e degli iter giudiziari.
Al momento, i documenti sulla vicenda in nostro possesso (perché sì, almeno per una volta, tanto i pro quanto i contro Salvini, lasciamo da parte gli slogan e facciamo parlare le carte e i numeri, facciamo parlare le certezze) ci dicono che la decisione di non far sbarcare 190 migranti fu assunta in maniera unilaterale dal solo ministro dell’interno. Ovvio che il premier Conte, a nome di tutto l’esecutivo, abbia in questi giorni rivendicato l’azione a nome di tutto il governo: una sconfessione, una presa di distanza o anche una semplice posizione troppo tiepida e incerta avrebbe minato, e non poco, la stabilità della maggioranza. Perciò si tratta di parole pressoché inevitabili, che tuttavia non cambiano il contenuto dei documenti, nei quali tutti, a partire dai più stretti collaboratori di Salvini – in testa il capo di gabinetto del Viminale -, ripetono la stessa cosa: la decisione era del solo ministro. Ogni intervento, ogni richiesta, ogni appello che in merito alla Diciotti rimbalzava e si susseguiva in quei giorni frenetici di agosto, andava puntualmente a sbattere nel muro di gomma del “impossibile agire perché questa è la volontà del ministro”.
C’è stata quindi – e non è la semplice opinione di chi scrive ma, ripeto, il contenuto dei documenti ufficiali prodotti anche dagli uomini di Salvini – una sorta di assunzione di “pieni poteri” da parte del ministro degli interni, un evidente e oggettivo oltrepassare le prerogative che la legge – e la Costituzione – assegna agli uomini di governo.
Ovvio che un governo e un ministero possono agire in piena emergenza, e proprio in virtù di tale emergenza scavalcare le norme, le prassi e andare oltre i propri poteri. È indispensabile chiedersi quindi se la Diciotti costituisse una “emergenza nazionale”, se la presenza di quella nave o l’eventuale sbarco dei suoi 190 passeggeri costituisse un provato pericolo per l’ordine pubblico e per la stabilità della nazione. Per quanto sia evidente che la Diciotti non rappresentasse tale pericolo, ci sono – anche in questo caso – sempre i documenti, e di nuovo stilati dai suoi collaboratori. Su tali carte leggiamo come gli accertamenti sui 190 passeggeri non avessero portato all’identificazione di terroristi o di pregiudicati. Questo nonostante Salvini, nel programma di Lilli Gruber “Otto e mezzo”, chiamato a rispondere sulla faccenda, si sia giustificato parlando della presenza, su quella nave, di “terroristi e pregiudicati” (puntata del 29 gennaio).
Appare quindi chiaro che, non essendoci emergenza e non essendoci altra gravità ravvisata o ravvisabile, Salvini abbia bloccato al largo delle coste italiane una nave della nostra Marina con a bordo 190 esseri umani in condizioni più che precarie per nove giorni, esclusivamente per lanciare un segnale al proprio elettorato, esclusivamente per rassicurarlo e per ingrandirlo, questo elettorato.
Possiamo raccontarcela come preferite, ma di nuovo i documenti ci dicono come Salvini, nei suoi mesi da ministro, contro l’immigrazione clandestina non abbia fatto assolutamente niente né abbia intrapreso progetti minimamente rilevanti (sarà il tempo a parlare, ma il tanto sbandierato decreto sicurezza, di fatto non aumenterà i rimpatri e creerà più clandestini), limitandosi a prendersi meriti non suoi (l’effettiva e sostanziale diminuzione degli sbarchi è infatti il frutto delle scelte politiche di Minniti, e anche in questo caso parlano le carte).

Allora, prima di parlare dell’articolo 605, dell’immunità parlamentare, della legittimità o meno di un processo (e di una condanna), chiediamoci: è giusto o anche soltanto ammissibile che un ministro vada al di là delle proprie prerogative, pieghi le norme nazionali e internazionali, metta a repentaglio la vita di 190 esseri umani, assuma di fatto pieni poteri stracciando il sistema di pesi e contrappesi su cui si basa l’Italia repubblicana, esclusivamente per legittimare e aumentare il proprio consenso, esclusivamente per fare una campagna elettorale non autorizzata?
È giusto o anche solo ammissibile che, oltre 190 esseri umani, anche il concetto stesso di Stato e Istituzione finisca di colpo sotto sequestro?

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