Guardate questa fotografia

Vorrei che tutti guardaste questa fotografia a lungo.
All’infinito, fino a non poterne più, fino a star male.
E’ il corpo senza vita di Federico Aldrovandi, anni 18, ferrarese, massacrato la notte del 25 settembre 2005 da quattro poliziotti in divisa, mentre stava tornando a casa a piedi dopo una serata passata in un locale.
Quella notte Federico fu fermato per motivi mai del tutto chiariti (sospetto? schiamazzi? comportamento eccessivamente agitato?). E’ invece chiarissimo (accertato dalle perizie e dal processo) come i quattro tutori della legge e rappresentanti dello Stato (lo Stato, lo Stato, lo Stato), si siano scatenati con inaudita ferocia su Federico, provocandogli 54 lesioni ed ecchimosi, spezzandogli addosso ben due manganelli, trascinandolo sull’asfalto fino a lacerargli la natica, schiacciandogli i testicoli e provocandone la morte per ‘anossia posturale’, vale a dire il caricamento di un poliziotto sulla schiena durante l’ammanettamento.
Ovviamente i quattro bestiali assassini, all’epoca dei fatti fornirono una versione ben diversa, sostenendo di essere stati aggrediti e che la morte del giovane era dovuta a una insufficienza cardiaca causata dall’assunzione di alcol e droghe. L’autopsia ha rivelato la presenza nel sangue di Federico di quantità pari a 0,4 g/L di alcol e di una quantità di ketamina 175 volte inferiore a quella letale: un po’ difficile credere che tali dosaggi possano aver provocato la morte. Eppure, nonostante il corpo di Federico mostrasse più che evidenti i segni del massacro, nessuno avrebbe smentito questa ridicola ricostruzione se non fosse stato per il coraggio della madre della vittima e per la decisiva testimonianza di una donna camerunense.
Per fortuna c’è stato un processo che ha accertato le responsabilità e condannato gli assassini (salvo poi concedergli i domiciliari). Ma ieri a Ferrara, nella piazza del municipio, proprio sotto la finestra dove lavora la madre di Federico, un gruppo di poliziotti del sindacato Coisp, ha inscenato un vergognoso sit in di solidarietà per i colleghi condannati.
Uno scempio inaudito che, prima di tutto la Polizia stessa e poi le istituzioni tutte, hanno il dovere di condannare, duramente e senza appello. Non basta l’indignazione, occorrono prese di posizioni certe e prive di ambiguità.
Tutto questo è molto più che orrendo. Sia chiaro: non c’è, nella concitazione delle righe che sto scrivendo, un attacco frontale alle forze dell’ordine in quanto tali, né un voler identificare i quattro assassini con l’intero corpo di Polizia.
C’è la consapevolezza di un qualcosa di mostruoso che ci circonda. Un qualcosa che consente il sistematico abuso di potere, d’ufficio, di divisa, una agghiacciante diseducazione alla legalità da parte di chi dovrebbe esserne il tutore, la certezza dell’impunità, il becero senso di cameratismo interno all’ordine che ha portato, nel caso di Federico, a coprire i responsabili, a insabbiare la verità, a rallentare le indagini, a preferire il silenzio alla giustizia, a consentire una manifestazione ripugnante come quella andata in scena ieri.
Un qualcosa di mostruoso di cui tutti dobbiamo essere consapevoli.
Per questo chiedo ancora di guardare a lungo questa fotografia. Fino a non poterne più.
Fino a stare male.

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