Fatal Savona

Giusto venerdì mattina scrivevo “la crisi è finita, andate in pace”, e apprestandomi a smobilitare questa rubrica ribadivo l’imminente start del governo gialloverde “a meno di sorprese che a questo punto sarebbero molto (ma molto) più che clamorose”.
Ebbene, non l’avessi mai detto, la sorpresa molto (ma molto) più che clamorosa c’è stata e il banco è saltato. Completamente e irreversibilmente.
Perciò, contrordine: la crisi non è per niente finita. Anzi, probabilmente comincia solo adesso. Anche se parlare di crisi politica o crisi di governo non è del tutto esatto, visto che di fatto, almeno fino a prova contraria, una maggioranza parlamentare esiste. Più corretto parlare di vera e propria crisi di sistema, con funzioni e prerogative istituzionali che mai come adesso risultano poco chiare, contraddittorie e inevitabilmente delegittimate.

Non è facile, almeno per me, commentare e analizzare una situazione simile dove, sforzandosi di far tacere la pancia e mettere in moto la lucidità, da qualsiasi punto di vista la si guardi c’è qualcosa di sbagliato, qualcosa che non torna. Una stortura, un’anomalia, una forzatura.
Proviamo ad andare con ordine.

1. La decisione di Mattarella, per quanto clamorosa, rientra pienamente nelle sue prerogative costituzionali. Possiamo girarci intorno quanto vogliamo, ma questo famigerato articolo 92, di cui abbiamo scoperto l’esistenza da una settimana, non solo esiste, ma è assolutamente univoco e non soggetto a interpretazioni. Tra l’altro, senza scomodare Einaudi, il rispedire al mittente uno o più ministri, è pratica verificatasi in tempi recenti: lo ha fatto Scalfaro con Berlusconi e Napolitano con Renzi. Ma in quei casi richieste e trattative restarono nell’ombra e, soprattutto, non pregiudicavano la nascita dell’esecutivo.
Perciò si tratta veramente di una decisione senza precedenti.

2. L’anomalia è proprio qui, in una regola che non è mai stata prassi. E del resto, storicamente, buona parte dei problemi italiani nasce da una confusione fatale, grottesca ma drammatica, tra regola e prassi.
Perciò, regola o no, altrettanto indiscutibile è che Mattarella si sia preso, così decidendo, una responsabilità enorme, le cui conseguenze, sulla lunga distanza, potrebbero essere ben più gravi dell’azione stessa.
Non dimentichiamoci che l’euro scetticismo (vero, fondato, sensato, farlocco, sparato o ridicolo che sia), è una delle ragioni dell’exploit elettorale tanto della Lega quanto dei Cinquestelle. La ricaduta indiretta non è quindi la sconfessione di un ministro, quanto della stessa volontà popolare.
Oggettivamente legittimo costituzionalmente e oggettivamente una stortura all’atto pratico.

3. Ma per quanto sia grave e teso il momento, la situazione in cui ci troviamo non può essere vista come un fulmine a ciel sereno.
Sono mesi che andiamo avanti a storture, contraddizioni, forzature e anomalie. Le garanzie costituzionali, il ruolo del capo dello stato, il rispetto delle diverse prerogative degli organi istituzionali, hanno continuamente ballato sul filo del lecito e dell’anomalo: liste di ministri presentate prima del voto, programmi stilati senza premier incaricato, annunci di governi neutrali poi ritirati.
Il che può essere tutto giusto, ma non tiene conto delle regole attualmente (e non da poco) vigenti nel nostro sistema.
Quindi, se esiste una simile scollatura tra sistema e forze politiche, tra sistema e cittadinanza, occorre prenderne atto e cambiare il sistema.
Ovvero avviare una costituente e arrivare a una riforma costituzionale profonda, che preveda più poteri per l’esecutivo, che consenta il governo a chi prende un voto in più, che esautori il meccanismo della democrazia parlamentare e ridisegni il sistema della divisione dei poteri.
Non è quello che vorrei, ma sono convinto sia ciò che voglia la maggioranza del paese.

4. Resta comunque anomalo anche il comportamento di Lega e Cinquestelle. Dopo aver modificato – in alcuni punti anche assai pesantemente – i loro stessi programmi, la totale indisponibilità a ritrattare il nome di un ministro suona quanto meno strano.
Con tutto il beneficio non solo del dubbio, ma dell’errore, sorge quanto meno il sospetto che in fondo, il ritorno alle urne, non sia poi eventualità così sgradita. E che il nome di Savona sia un mero pretesto per mandare all’aria ogni cosa.
Perché una cosa è senza dubbio innegabile: dopo questo episodio, alle prossime elezioni, in qualsiasi momento si terranno, i Cinquestelle, ma soprattutto la Lega, aumenteranno a dismisura i loro consensi.

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