Vi ricordate René Ferretti a “Troppo Frizzante”?

Per i cultori della serie “Boris” non c’è bisogno di ulteriori spiegazioni. Per i profani, una breve introduzione: all’inizio della terza stagione di “Boris”, il regista René Ferretti, reduce dal successo nazionalpopolare con l’imbarazzante fiction “Gli occhi del cuore” prodotta dalla Rete (ovvero la Rai), cerca il salto di qualità nel progetto di un misterioso thriller rinascimentale incentrato sulla figura di Machiavelli. Ma la Rete nicchia, rimandando continuamente l’inizio della lavorazione. Così Ferretti, ridotto in bolletta, accetta di girare l’episodio pilota di una serie prodotta dalla concorrenza (cioè Mediaset): “Troppo frizzante”, una sit com sconclusionata che si basa sui tormentoni dei principali comici televisivi del momento. Durante la lavorazione ha un’accesa discussione con l’improbabile sceneggiatore della serie e il direttore di produzione, che corre a sostenere Ferretti, gli svela la volontà di far fuori l’autore, anche perché – dice – dagli USA è in arrivo una specie di app in grado di sostituire gli sceneggiatori: inseriti nel programma alcuni parametri, crea automaticamente la storia.

Ebbene, il divertente paradosso di una serie caustica e satirica in gran parte basata sul grottesco, in settimana è – tragicamente – diventato realtà. Sfruttando e adattando il programma di Intelligenza Artificiale “Wilson”, i programmatori della Toyota hanno creato un minuto di fiction affidandosi esclusivamente a un algoritmo.
Proprio come in “Boris”, hanno semplicemente inserito nel programma dati e parametri, che ha poi provveduto a creare una storia di senso compiuto, con tanto di personaggi ben definiti e dialoghi credibili.

Incredibile? Assurdo?
Forse, ma fino a un certo punto. Nel senso che questa ennesima follia tecnologica suona come l’inevitabile conseguenza di centinaia di app già esistenti che, sempre grazie a un algoritmo, creano montaggi in automatico delle nostre foto con tanto di colonna sonora, creano basi musicali di qualsiasi genere. Addirittura, girando in rete, ho trovato un programma capace di creare in un solo clic un intero booktrailer.

Ma dietro questo esperimento c’è – purtroppo – molto, tantissimo di più.
Non solo la riduzione – progressiva e inarrestabile – dell’importanza dell’essere umano e dell’individuo, non solo la perdita di valore del talento, dell’estro e della competenza e del conseguente messaggio che per fare qualsiasi cosa non serve fondamentalmente nulla, né studio, né tempo, né capacità.
Tutte cose di per sé aberranti, ma il gioco dello “sceneggiatore algoritmo” va, se possibile, ancora oltre, venendoci a dire che la novità, l’imprevedibilità che sottende all’estro creativo (se non addirittura alla genialità) e che rende unica e irriproducibile ogni opera, non solo sono risorse trascurabili, ma nemmeno auspicabili.
Molto meglio, molto più appetibile, desiderabile e vendibile il prodotto in serie, identico ad altre centinaia. Piatto, comodo, rassicurante. Privo di reali contenuti e di reale qualità.

Una distruzione silenziosa – ma efficacissima – non solo dell’arte (che per definizione è l’esatto contrario del rassicurante e del prevedibile), ma dell’intelligenza, del pensiero.
Della stessa capacità di pensare e ragionare.

Come al solito ho sforato e non c’è spazio per parlare dei fatti politici, di cronaca e società più stringenti della settimana.
Per una volta, poco male.
Credo che questa micronotizia di questo microesperimento sia molto più che indicativa. E che sintetizzi tutte le risposte possibili al naufragio dei nostri tempi.

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