L’ultima di Grillo

Beppe Grillo, nella sua ultima uscita sul blog, propone di sostituire le “parlamentarie” con la “selezione casuale”, ovvero anziché sottoporre le auto candidature degli aspiranti deputati e senatori al voto on line, procedere direttamente per sorteggio. Spiega Grillo: “selezioniamo le persone a caso e le mettiamo in parlamento. Il 50 per cento sarebbero donne. Molti sarebbero giovani, alcuni vecchi, altri ricchi, ma la maggior parte di loro sarebbero gente comune. Sarebbe un microcosmo della società”. Un’idea però non da limitare al solo Movimento (tra l’altro, bene ricordarlo, da tempo il blog di Grillo non è più quello del partito), ma all’intero parlamento. Leggiamo nel post: “se sostituissimo le elezioni con il sorteggio e rendessimo il nostro Parlamento veramente rappresentativo della società, significherebbe la fine dei politici e della politica come l’abbiamo sempre pensata […] Il primo passo sarebbe una seconda camera nel nostro parlamento, piena di persone scelte a caso, un senato dei cittadini, se volete”.
Senz’altro una provocazione, che però, irrealistica o no, grottesca o meno, non è così avulsa dall’idea di fondo che, più o meno dieci anni fa, diede vita al Movimento. Ovvero, portare il cittadino qualunque in parlamento.
Ed è proprio questo, più di ogni altra cosa, che mi ha sempre lasciato (e continua a lasciarmi) perplesso. Perché io, tendenzialmente e irriducibilmente anarcoide, cane sciolto per vocazione e incapace a qualsiasi atto di fede, almeno in una cosa ci ho sempre creduto e continuo a crederci: la competenza, il talento e la specificità del singolo individuo. Per quanto mi riguarda, il “cittadino qualunque” non esiste, è solo una maniera trita e mortificante di fare massa. Esiste il singolo essere umano, unico e irriproducibile, con le proprie capacità e le proprie scelte. All’improvvisazione, all’idea che “tutti possano fare tutto”, non solo non ci ho mai creduto, ma mi fa letteralmente rabbrividire. Uccide il talento, rende vano l’impegno e costruisce una società che uccide sistematicamente l’eccellenza. Dire che tutti possono fare tutto, è come dire che nessuno sa fare niente.
Questo in tutti i campi. Figuriamoci in politica.
Io ad esempio, personalmente so insegnare e so scrivere. E, senza false modestie, sono cose che so fare molto bene. Non credo di essere né il miglior insegnante né il miglior scrittore del mondo, ma non penso che chiunque possa prendere il mio posto a scuola né che chiunque sia in grado di scrivere un romanzo o una commedia. Perché queste sono le mie competenze, i miei talenti, non quelli dell’umanità intera. So scrivere un romanzo e so fare una lezione su Leopardi, non so giocare a pallavolo e non so fare un quadro elettrico. Tutti poi – e ci mancherebbe altro – possono criticare e contestare i miei metodi di insegnamento e stroncare le cose che scrivo, così come io posso criticare uno schiacciatore o un elettricista. Ma poter criticare non significa che siamo intercambiabili.
Per questo penso che tutti debbano interessarsi alla politica ma che non tutti possano fare politica. Io, personalmente, non saprei farlo. Mi viene da ridere al solo pensiero (io deputato? Io assessore? Ma andiamo… ), anche se mi dovessi occupare dei miei campi specifici. E come me, penso milioni e milioni di persone.
Non penso basti l’onestà e la moralità. A queste qualità, sicuramente indispensabili, per fare politica occorre aggiungere bravure, talenti, capacità e competenze specifiche. Competenze specificatamente politiche intendo. Tradotto: se uno è un grande primario, non significa che possa automaticamente fare bene il ministro della sanità.
In definitiva: politica la faccia chi sa fare politica, non chi la vuole fare perché “tanto, se la fa quello lì…”. In fondo io ascolto continuamente pessime canzoni, ma non per questo mi metto a incidere un disco.

#resistenzeRiccardoLestini

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