Una domanda semplice

Una domanda semplice, forse banale, sicuramente ingenua. Ma ogni tanto ci vuole. Ci volevano settanta giorni per rendersi conto che i programmi di Lega e Cinquestelle, in materia di Europa, sicurezza e migranti sono, non dico agli antipodi, ma senz’altro radicalmente diversi? Non era assolutamente chiaro da sempre a tutta Italia (e figuriamoci ai diretti interessati) che, in caso di convergenza, sarebbero stati questi i temi su cui entrambe le parti in causa avrebbero dovuto fare le maggiori rinunce?
E ancora. Salvini non era l’uomo dei tempi rapidi? Ovvero non era, parole sue ripetute in continuazione, in grado – con chiunque ci fosse stato – di fare una legge elettorale in tre giorni e un governo in una settimana?
Cos’è successo?
Intendo: cos’è successo veramente? Da cosa dipende questo improvviso (ed ennesimo) stop dopo giorni passati a dichiarare “ci siamo”, “mancano i dettagli”?
Delle due l’una: o veramente dobbiamo credere che solo ora si sono resi conto di avere programmi tanto distanti (ma, non so perché, questa ipotesi, oltre a offendere l’intelligenza dei protagonisti, fa gridare vendetta anche a quella di noi cittadini), oppure c’è qualcosa che non sappiamo e non ci dicono.
Il rientro in campo di Berlusconi che scompagina i precari equilibri appena raggiunti? Un centrodestra che man mano che la trattativa procede si scopre sempre più insofferente? Un calcolo sulla base degli ultimi sondaggi che dice quanto in realtà convenga tornare alle urne? La scoperta che il nome del premier, nonostante ci si sia sforzati di ritenerlo secondario, è un ostacolo insormontabile? O cos’altro?
In ogni caso sarebbe il caso che venisse detto chiaramente. Specie se gli attori coinvolti sono quelli che della trasparenza verso gli elettori ne fanno la loro principale bandiera.

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