Indovina chi… ?

Nel giorno in cui viene tagliato il per nulla lusinghiero traguardo del settantesimo giorno di crisi di governo, la parola fine è ancora di là da venire.
Il lavoro febbrile degli sherpa di Movimento e Lega per trovare una sintesi dei due programmi, scandito da ottimismi diffusi a beneficio di telecamere, esagerazioni iperboliche (“per scrivere la Storia ci vuole tempo”) e arditi avvitamenti linguistici (altrimenti detti supercazzole), ancora ieri sera era totalmente impantanato sul nome del premier (e di conseguenza su quello dei ministri). Perché ci si può sperticare quanto si vuole nell’annunciare la rivoluzione di una politica che finalmente parte dai contenuti e non dai contenitori, ma poi, al momento di tirare le fila, è sempre lì che si va a sbattere, sempre lì che si gioca la partita più importante e delicata: i nomi. Quei nomi che, lo si voglia o no, determinano i rapporti di forza tra i partiti e possono agitare o quietare l’opinione pubblica.
Così l’attesa continua. Ieri doveva essere tutto pronto, invece no, contrordine, le trattative proseguono in notturna. Oggi si va, o meglio si torna dal capo dello Stato, ma non è detto che Di Maio e Salvini abbiamo in tasca la soluzione del rebus da consegnare a Mattarella.
Continua così l’infinito valzer del rinvio, in un rincorrersi infinito di ipotesi e profili che si tinge pian piano d’assurdo: si tratta su una lista di nomi, i nomi in campo sono solo due, sarà un bocconiano, sarà un politico, sarà un tecnico. Una specie di gigantesco, e grottesco, “Indovina chi… ?” (ha i baffi? porta gli occhiali? ha i capelli? è John!!!).
Francamente l’impressione è che scava scava, sotto la superficie di una rivoluzione annunciata, si nascondano le modalità più trite e vecchie possibili. Ovvero che chiunque sarà questo fantomatico “premier terzo”, sarà il frutto di un reciproco controllo, di un “patto di non aggressione”. Soprattutto, sarà depotenziato in partenza, ostaggio dei partiti, con margini di manovra e decisione praticamente inesistenti.
Come accadeva, appunto, nella prima repubblica, dove per uscire dallo stallo i partiti giocavano al ribasso fino a individuare un presidente del consiglio senza peso. E senza potere.
Nel 1987, col sistema già al collasso, si produsse uno stallo similmente infinito, dove né Craxi, né Forlani, né Andreotti potevano essere nominati perché troppo “forti”, e per uscire dall’impasse fu “inventato” lo sconosciuto Goria.
E fu un governo di fatto senza premier, che durò appena dieci mesi.
Che la storia si ripeta o meno lo vedremo nelle prossime ore. Ma certo è abbastanza paradossale che siano proprio le forze più a favore di esecutivi forti e politici a costringersi alla caccia del primo ministro inesistente.

#specialeElezioni2018
#resistenzeRiccardoLestini

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