La lunga notte della sinistra italiana

Si può continuare all’infinito a discutere di errori specifici, riforme suicide, leader sbagliati o addirittura improponibili, di una sinistra che non è più sinistra e non fa più cose di sinistra. Si può eliminare Matteo Renzi dalla scena politica o fondare uno, dieci, cento nuovi partiti con un rosso sempre più acceso nei simboli.
Ma non credo servirebbe a molto. Anzi, credo proprio non servirebbe a niente.
Sarebbe quasi rassicurante se la colpa di una crisi simile, vorticosa e apparentemente irreversibile, fosse solo di un partito o di un leader che ne ha distrutto la storia e l’identità.
Il problema della sinistra, certo quella italiana ma non solo, non è specificatamente politico ma generalmente e drammaticamente storico. E finché non si aprirà una riflessione seria in questo senso e in questa prospettiva, non cambierà niente. O meglio, le cose cambieranno, ma in peggio.
Una vera e propria “notte senza fine” che non arriva certo d’improvviso oggi, come un fulmine a ciel sereno in questa ultima tornata elettorale. Basta andare a ritroso nel tempo e guardare dati e cifre per rendersi conto come da qualche decina d’anni l’emorragia di consensi sia continua e inarrestabile, tanto in Italia quanto nel resto d’Europa (e nel resto del mondo). Un precipizio assoluto ed esponenziale che riguarda la sinistra in ogni sua possibile declinazione, dal più moderato centrosinistra alla sinistra riformista, dalla sinistra radicale fino al più estremo dei movimenti.
Il risultato è che quello che era l’elettorato “naturale” della sinistra (lavoratori, operai, precari, minoranze) si è progressivamente allontanato fino a disperdersi e a passare in massa dall’altra parte. E che oggi è ancora di sinistra solo chi ha una situazione tale da potersi permettersi ideali astratti senza più alcun contatto con la realtà.
Un problema storico, si diceva. Perché è con la storia, se si vogliono veramente capire le cause di tutto questo, che bisogna fare i conti.
Oltre vent’anni fa abbiamo vissuto un cambiamento epocale su scala mondiale chiamato globalizzazione. Una vera e propria mutazione genetica dell’universo che di colpo ha totalmente rivoluzionato il sistema economico mondiale, i rapporti di forza a livello internazionale, il mercato del lavoro, i mezzi di comunicazione di massa, il tessuto sociale fino al nostro modo di pensare e parlare, alle nostre abitudini più quotidiane.
È lì che va cercato, e trovato, l’inizio della lunga notte della sinistra. Perché le forze di sinistra quel cambiamento non hanno saputo coglierla. All’improvviso i metodi consueti di assistenza e intervento verso gli strati più deboli della società sono diventati inutili e inefficaci, lo stesso linguaggio della sinistra è diventato vuoto. Non solo non ha saputo cogliere quel nuovo modello e aggiornarsi per porsi come alternativa, ma lo ha rincorso nella più grottesca delle maniere.
C’era un movimento vent’anni fa, un movimento mondiale che aveva lanciato questo allarme, un movimento che cercava in tutti i modi di elaborare alternative a questa globalizzazione disumana. Un movimento che provò a dialogare con le forze istituzionali di sinistra, anzitutto per metterle in guardia dal rischio di sparizione, loro e dello stesso concetto di “sociale”, che stavano correndo. Ma invece di ascoltarlo, lo contrastarono. E quel movimento è finito sepolto sotto quintali di lacrimogeni e manganelli.
Chi scrive di quel movimento ne faceva parte. E oggi non c’è, in me, alcuna soddisfazione o compiacimento nel dire “io lo avevo detto”. Solo l’amarezza di non essere stato ascoltato.
Ma del resto, come poteva essere altrimenti? All’epoca, vent’anni fa, eravamo giovani, molto poco equilibrati e totalmente estremisti. Eppure, nella mia vita piena di sbagli, mai come in quel momento ho avuto piena e totale ragione.

#resistenzeRiccardoLestini

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