Il sondaggio sul voto utile

IL SONDAGGIO SUL VOTO UTILE

Questo blog, in termini generali, non conta niente. O quanto meno conta poco.

Nel senso che chi lo segue e chi lo legge (in media circa 20-30mila persone, sommando social e sito internet) forma un numero lontano anni luce dal poter essere uno specchio rappresentativo, attendibile e veritiero della società.

Probabilmente, anche con cifre due, dieci o cento volte più alte, il discorso sarebbe più o meno lo stesso. Quasi ogni pubblico, che si parli di blog, televisione, carta stampata e via dicendo, è di solito molto targettizzato, e di conseguenza rappresentante solo di una parte più o meno definita.

Eppure io, venerdì scorso, un sondaggio tra i lettori del blog l’ho lanciato lo stesso.

In un post dal titolo (dichiaratamente rubato ad Altan) “Voto utile o dilettevole?”, ho chiesto ai lettori di dire se avessero o meno deciso, con ogni certezza, per chi e per cosa votare.

Non di indicare il partito (anche se qualcuno lo ha fatto), ma di dire semplicemente “io ho deciso” oppure “io no”.

Pur non essendo traducibile in termini nazionali, quanto emerso è secondo me comunque interessante.

Ecco, dopo tre giorni, i primi risultati:

Il 65% di quelli che hanno risposto ha dichiarato, ad appena venti giorni dal voto, di NON AVERE ANCORA DECISO per chi votare, o di essere indeciso se votare oppure no.

Il 65%, ovvero la stragrande maggioranza.

Il 35% di conseguenza ha già deciso.

Ma in questo 35% ci sono dei distinguo importanti.

Ovvero: il 15% HA DECISO CON OGNI CERTEZZA DI NON VOTARE (in tutte le varianti possibili: non andare alle urne, annullare la scheda, andare e non ritirare, scheda bianca… ).

Solo il 20% HA DECISO PER UN PARTITO. E di questo 20%, un 10% non ha detto per chi, mentre il restante 10% ha dichiarato che voterà CINQUESTELLE.

Pur nella loro assoluta parzialità, proviamo a leggere queste cifre.

1.Un numero potenzialmente immenso di persone è confuso e disorientato. Nonostante una campagna elettorale in pieno svolgimento, non è in grado di collocarsi.

È a mio avviso un segnale molto più che allarmante, ben più grave dell’astensionismo.

Significa che in linea generale è completamente saltata la logica dell’appartenenza e della rappresentanza: i partiti non sono più presenti nei territori, gli spazi pubblici destinati all’incontro e al confronto sono spariti, lo stesso tessuto sociale si è dissolto.

La conseguenza è l’assenza totale di punti di riferimento riconoscibili o anche solo contestabili. Bene che vada ci si riconosce nell’astratto e si contesta l’astratto, quasi mai il concreto.

In due parole: il caos assoluto.

Non solo. A parte la distanza siderale dei partiti dalla base territoriale, è evidente una certa difficoltà di comprensione dei messaggi che arrivano dal mondo politico.

Nessuno si presta a dibattiti e faccia a faccia, il confronto è fuggito come la peste, si preferisce esibirsi in lunghi monologhi dove dribblare continuamente gli argomenti più scomodi e spinosi.

E questo, superfluo dirlo, non aiuta la gente e complica ulteriormente la situazione.

2.Non c’era certo bisogno di questo mini sondaggio per saperlo, ma l’astensionismo, in particolare l’astensionismo dettato non da disinteresse, ma da protesta e da impossibilità di scegliere e di riconoscersi, è in aumento vertiginoso.

Il che non solo dovrebbe allarmare, ma dovrebbe spingere i professionisti della politica ad aprire, finalmente, una riflessione molto seria in questo senso e a prendere seriamente in considerazione questo fenomeno.

Astenersi dal voto è un diritto. E una scelta. Come tali, vanno rispettati. Invece di sparare a zero chiamando in causa l’irresponsabilità di chi decide di non vedere, sarebbe ora di chiedersi perché sempre più persona scelgono questa strada.

Perché nessuno lo fa?

3.Ai tempi del bipolarismo, le proprie scelte non solo si dichiaravano, ma spesso addirittura si urlavano.

Oggi, in una specie di ritorno di quella “maggioranza silenziosa” (almeno silenziosa sulle sue intenzioni di voto) che faceva forte la Democrazia Cristiana (col puntuale smacco delle “piazze piene e urne vuote” per i partiti di opposizione).

Quelli che hanno deciso (che in questo sondaggio, lo ripetiamo, sono in netta minoranza) nicchiano, tentennano nel dire per chi. La sensazione è che, tendenzialmente, a dichiarare il voto apertamente sia solo chi sceglie partiti di rottura (sempre nel caso limitatissimo di questo sondaggio si sono espressi esclusivamente gli elettori del Movimento Cinquestelle), mentre tutti gli altri tacciono.

Come se la propria scelta sia motivo d’imbarazzo. E, soprattutto, come se la politica fosse un qualcosa di cui è meglio non parlare.

Il che non è propriamente un bel segnale. No, non lo è per niente.

Ad ogni modo, il sondaggio, per quanto conti, lo teniamo aperto.

Perciò, se volete, continuate a esprimervi, indicando qui nei commenti se avete deciso oppure no (e, se volete, indicate pure per chi).

Noi, continueremo ad aggiornare i risultati.

#specialeElezioni2018

#resistenzeRiccardoLestini

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