Sì Chef!

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… e qui mi fermo, ma l’elenco sarebbe ancora lungo, lunghissimo, talmente lungo che probabilmente non entrerebbe in un solo post. Davvero impossibile contare, fare un elenco completo e definitivo, di tutti i programmi dedicati al cibo e all’enogastronomia che, dalle prime luci dell’alba fino a notte fonda, affollano i palinsesti televisivi.
È una moda, si diceva. E, come tutte le mode, passerà.
Invece non è passata e non accenna a passare. Molti programmi celebrano la loro settima, ottava, decima o undicesima edizione, non solo senza accusare cedimenti, ma addirittura incrementando gli ascolti.
Lasciando stare i format più famosi, ci sono miriadi di televisioni locali e scalcinate che restano tenacemente in vita ed evitano la bancarotta esclusivamente grazie ai cooking show.
Di sicuro, come sempre quando c’è di mezzo il mondo della televisione, dietro tutto ciò che fa tendenza, dietro grandi successi e tonfi clamorosi, ci sono ragioni sociologiche spesso molto profonde e molto rivelatrici. Che, almeno in questa sede, non siamo in grado di indagare in maniera compiuta.
C’è però un aspetto che ci colpisce più di altri. In un momento storico decadente come questo che stiamo vivendo, dove non solo mancano punti di riferimento certi e riconosciuti, ma pare proprio che non si vogliano e si rifiutino a priori questi punti di riferimento, dove si abusa del termine “competenza” ma poi qualsiasi competenza, dalla più elementare alla più alta, viene derisa, sbeffeggiata e rinnegata (i medici non capiscono nulla e mi curo da solo, le forze dell’ordine sono inutili e mi difendo e mi faccio giustizia da solo, i professori sono incapaci e io insegnerei mille volte meglio), l’unica figura che gode di autorità e autorevolezza illimitate è quella dello chef.
Basta prendere il telecomando in mano e avventurarsi, anche una sola mezzora, in uno zapping serrato tra emittenti nazionali e locali, tv generaliste e di settore, in chiaro e criptate. Ci si imbatterà in cicaleggi vocianti e urlanti di vario ordine e grado, dove tutti parlano sopra tutti e tutti insultano tutti per ragioni di ogni tipo: politica e amorazzi, immigrazione e vestiti, moda e lavoro, scuola e meteo, macchine e sicurezza, viabilità e acconcianture, animali e alieni…
Un caos assordante e assurdo, vuoto e insensato che cessa improvvisamente non appena ci si imbatte in un qualsiasi programma culinario, dove per magia e incanto di colpo tutto tace e si ricompone al grido militaresco e ossequioso “SI CHEF!!”.
Forse perché in tempi vuoti e senza speranza, con poca o nulla fiducia nel futuro, per un meccanismo primordiale di sopravvivenza il cibo, l’idea del mangiare e della pancia piena, resta l’unica certezza, l’unica assicurazione dell’essere vivi. O ancora e più probabilmente, perché solo il miraggio dell’abbondanza e dell’opulenza che una tavola imbandita rappresenta, pur se irrealizzabile, è l’unica illusione possibile di benessere, l’unica illusione cui credere nel mezzo di una tempesta senza scampo.
Del resto non si contano gli aneddoti circa intere corti che, nel pieno delle pestilenze, attendevano un contagio inevitabile e certo banchettando a più non posso. Così come quel gruppo di lords vittoriani che, a bordo del Titanic, anziché affrettarsi a conquistare un posto nelle scialuppe di salvataggio, si misero il vestito migliore e aspettarono il naufragio innaffiando carne pregiata con brandy di ottima qualità.
Quindi sì chef, certo chef, subito chef…

#LuneDiBlog
#resistenzeRiccardoLestini

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