Despacito (ovvero: un tormentone prestato dall’inverno e quel che resta una torrida estate)

Primo lunedì di settembre e, pure se mancano ancora più di quindici giorni all’equinozio che ne decreterà la fine ufficiale, l’estate, come ogni primo lunedì di settembre che si rispetti, è già in soffitta.
Già materia di ricordi da archiviare, bilanci da stilare e numeri da analizzare.
In particolare, ovviamente, si analizzano ferie, villeggiature, gite, giterelle, week end, flussi, afflussi e deflussi, come cartine tornasole dello stato di salute dell’Italia e, soprattutto, dei portafogli degli italiani. Così si scannano e si scontrano il partito di quelli che dicono alberghi pieni, spiagge piene, l’economia torna a girare e viva il turismo e viva l’Italia, e il partito di quelli che dicono no, niente da fare, presenze sotto la media, l’economia non gira e addio turismo e addio Italia.
Lungi dal sapere come siano andate esattamente le cose, andiamo per impressioni.
La prima è che, giri o non giri sta benedetta economia, la gente (quella normale, quella che, appunto, fa media) sia davvero stanca di tirare la cinghia e allora faccia letteralmente i salti mortali, mettendo insieme durante l’anno chissà quale sfilza di sacrifici, per strappare scampoli di vacanza, frammenti di mare e centimetri di spiaggia.
La seconda, diretta conseguenza della prima, è che con queste vacanze strappate a morsi e bestemmie, drasticamente e inevitabilmente sempre più brevi (un tempo non troppo remoto al mare ci si stava quindici giorni, qualcuno addirittura un mese, oggi con gli stessi soldi si fa fatica a mettere insieme una settimana intera), nervosismi e irritabilità siano in crescita esponenziale e inarrestabile. Troppa autostrada e poca spiaggia, manco il tempo di abituare la pelle alla salsedine che è già tempo di ripartire ed ecco che “l’incazzatura da vacanza” (o “sclero da ombrellone”) diventa lentamente – ma inesorabilmente – sindrome diffusa e pericolosa.
Così incazzati e incazzature “consueti”, cioè presenti tutto l’anno – incazzati e incazzature da rabbie, frustrazioni, invidie, paure… – si sommano a questi da ombrellone con effetti a dir poco devastanti. Soprattutto con la conseguenza che un mondo popolato per lo più da incazzati ciechi e feroci, che vivono nell’attesa di poter dare sfogo alla propria incazzaura, non ha davvero alcun futuro.
Forse, anzi sicuramente per questo, proprio d’estate su Facebook moltiplicano i post d’indignazione coatta “condividi se sei incazzato”, che vomitano accuse, improperi e criptobestemmie contro questo o quell’altro politico, contro la classe politica in genere, contro gli stranieri, gli immigrati, i rifugiati, i clandestini, i ricchi, gli ammalati, i marziani, le stelle comete e via dicendo… Post che, sistematicamente, sono sempre bufale. O fake news. O clamorose stronzate, se si preferisce. Il fatto che tali clamorose stronzate vengano, altrettanto sistematicamente, prese per vere e ottengano decine e decine di migliaia di condivisioni, la dice lunga sugli effetti delle incazzature di cui sopra. Ma tant’è. Tant’è al punto che a condividere, a non verificare e a dare per buone queste bufale non è soltanto la massa, non è soltanto il cosiddetto “uomo medio”. No, a incappare in questi scivoloni capita anche a personaggi illustri che, ovviamente, finiscono per fare sonore figure di merda. E se il “Premio Bufala” invernale era andato indiscutibilmente a Gasparri (che aveva condiviso un post in cui ci si indignava contro un fantomatico criminale, un clandestino slavo di cui veniva riportata anche la foto, senza accorgersi che la foto era quella di Jim Morrison), quello estivo va a Nina Moric, ormai sposata alla causa di Casa Pound che ha condiviso la foto indignatissima per due immigrati che bighellonavano su una panchina di Forte dei Marmi “con i nostri 35 euro al giorno”. Si trattava, sventura della Moric, addirittura di Magic Johnson, il grande cestista dei Lakers anni ’80/’90. Ancora più pietoso il tentativo della Moric di rimediare: “facevo solo ironia”.
Sempre in questo senso, ci pare molto eloquente il dibattito che più di ogni altro ha tenuto banco in questi ultimi due mesi: il caldo ovviamente. In un’estate particolarmente torrida, con temperature per giorni e giorni a cavallo dei quaranta gradi (dove tutti però avevamo imparato a sottolineare che “quelli percepiti sono molti di più…”), la gente è arrivata letteralmente a scannarsi, a mettere in piedi arene appassionatissime dibattendo se questa estate fosse effettivamente più calda di quella del 2003. Soprattutto lamentandosi, languendo, inorridendo per i vertiginosi cambi di tempo, accusando e minacciando come al solito chissà chi, di fatto sbroccando senza soluzione… ma – ed ecco il bello – ricoprendo puntualmente di merda e di insulti di ogni genere (“radical chic del cazzo”, “facile parlare dal tuo attico in centro con l’aria condizionata”) chiunque, e sottolineo chiunque, provasse ad affrontare la questione delle temperature record da un punto di vista leggermente più serio e sensato, tipo il riscaldamento globale, l’inquinamento, l’effetto serra e via dicendo…
Dobbiamo rassegnarci: vogliamo sguazzare nel fake e tapparci le orecchie a ogni soffio di verità.
Per il resto poco, pochissimo altro da segnalare in quest’estate stinta, anonima, specchio di tempi completamente vuoti e privi di personalità.
Per dire, quest’estate non ha avuto manco un vero tormentone da strapparsi a forza dalla testa. O meglio ce l’ha avuto, certo che ce l’ha avuto, visto che in ogni cavolo di locale in cui mi sono seduto, in ogni bagno che ho attraversato, non sono passati cinque minuti senza che partisse il sound di “Despacito”, canzone che però non è uscita fuori quest’estate: era il tormentone dell’inverno riciclato pure l’estate. Ad ogni modo, va da sé che come tutti i tormentoni pure “Despacito” è una canzone che fa cagare ma che, al tempo stesso, ha qualcosa di irresistibile. L’unica cosa che non capisco è perché tutto ciò che è spagnolo o spagnoleggiante debba essere erotico per forza. Il video di questa canzone è emblematico. La sequenza di immagini (con poca logica e tanti, tantissimi culi, cosce come se piovessero e tette a iosa) in sostanza ti dice: ehy tu, ascoltatore estivo, non stai sentendo? È spagnolo, spagnolo, spagnolo… non ti arrapa questa cosa? Non ti stai arrapando? Devi arraparti!
Comunque, si riciclano tormentoni invernali e a farla da padrone, musicalmente parlando, è il vintage, la riscoperta e il rispolvero di decenni passati. Ecco, la cosa più rilevante di quest’estate è stata scoprire come IO sia diventato di colpo vintage. Nel senso che l’aggettivo (orribile, ma questo è un altro discorso) “vintage”, a partire da quest’estate comprende anche gli anni ’90, e che molte famigerate, temutissime e spesso grottesche “serate vintage”, ripropongono tutto il campionario da discoteca dei miei sedici-diciassette anni: “What is love?”, “No Limits” e via dicendo.
La buona notizia è che sta roba, che mi faceva cagare a sedici anni, mi fa cagare anche a quaranta. E che, a sentire questi pezzi orrendi, non scatta nella mia testa nessuna commozione e nessuna operazione nostalgia. Solo se parte “Nord Sud Ovest Est” ho qualche cedimento, ma ognuno ha le sue turbe mentali.
Detto questo, non mi resta che disfare la valigia, dichiarare chiuse le vacanze e darvi il bentornato al tran tran settembrino e quotidiano e, ovviamente, il bentornato nelle pagine di questo blog!

#LuneDiBlog
#resistenzeRiccardoLestini

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