La storia di via della Ninna

Firenze è una delle città con più tesori e bellezze al mondo.
Ma altrettanti, se non di più, sono i tesori e le bellezze nascosti o perduti.
In questo senso niente è più emblematico della storia di via della Ninna.

Più che una strada, via della Ninna è un minuscolo fazzoletto d’asfalto che separa la Galleria degli Uffizi da Palazzo Vecchio, due estremità unite in alto dal tratto iniziale del corridoio vasariano.
Contrariamente a quanto il suo nome particolare potrebbe far pensare, non era il luogo dove le balie portavano i neonati a fare il riposino pomeridiano.
Essa deve il nome a un’opera del maestro Cimabue andata irrimediabilmente perduta, e che originariamente era custodita nella chiesa di San Pietro Scheraggio, un edificio antichissimo costruito intorno all’anno mille.
In questa chiesa – che doveva il suo nome al fosso che scorreva lì accanto – fu posto un dipinto di Cimabue il cui nome reale lo ignoriamo, ma che il popolo fiorentino soprannominava “Madonna della Ninna Nanna”, dal momento che raffigurava Maria nell’atto di cantare la ninna nanna al bambin Gesù.

L’opera era talmente celebre, e soprattutto talmente amata dai fiorentini, che ribattezzarono quella strada, appunto, “via della Nanna”, fino a farlo diventare il toponimo ufficiale.
Poi arrivò il rinascimento, il progetto del Vasari e la costruzione della galleria degli Uffizi.
L’antica chiesa di San Pietro Scheraggio fu demolita e, in quella demolizione, l’opera di Cimabue andò perduta per sempre.

Di tutto quanto oggi restano solo le due colonne della chiesa.
E il nome della strada ovviamente.
Per il resto serve immaginazione.
Ma dove si può sognare se non per le vie di Firenze?

#FirenzeMagica
#storieRiccardoLestini

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