Referendum: perché il SÌ è comunque più forte

Nonostante i sondaggi sembrino essere concordi nell’attribuire, almeno al momento, un discreto vantaggio al NO, e soprattutto nonostante io voterò in maniera assolutamente convinta NO, quel po’ di onestà intellettuale di cui dispongo non mi impedisce di riconoscere come il SÌ sia comunque più forte.

E intendo proprio politicamente più forte. E, sempre dal punto di vista strettamente politico, infinitamente più credibile.

Mi spiego. Per quanto io ritenga la riforma costituzionale pessima e soprattutto assolutamente peggiorativa dello stato attuale delle cose, gli autori della riforma stessa e i suoi sostenitori, il fronte del SÌ insomma, sono comunque portatori di un progetto. Un progetto che si può condividere o no (io ad esempio non ne condivido nemmeno una virgola), ma che comunque corrisponde a una visione politica, a un’idea di società da costruire in prospettiva futura. Che è esattamente quello che la politica dovrebbe fare: proporre un’idea di società e sottoporla all’esame dei suoi cittadini.

C’è quindi una sostanziale compatezza e chiarezza di intenti che manca completamente allo schieramento opposto. E questo non perché il fronte del NO sia uno schieramento molto più che eterogeneo e trasversale, capace di toccare Fratelli d’Italia e Sinistra Italiana, Lega Nord e sinistra antagonista, Forza Italia e minoranza PD. Ma perché, in ognuna delle sue componenti, manca completamente di credibilità e progettualità politiche.

Prima di tutto, fatta eccezione per il Movimento 5 Stelle (che anche se in maniera assai confusa e discutibile l’ha fatto), nessuna forza politica schierata per il NO è stata in grado di elaborare un progetto di riforma alternativo a quello del governo. Alla pessima riforma proposta dall’esecutivo di Renzi, si sa opporre soltanto la conservazione dello stato attuale delle cose. Il che a me, personalmente, andrebbe benissimo (reputo il bicameralismo parlamentare l’unica vera garanzia per un sistema realmente democratico), ma che in un mondo dove domina il “non importa bene o male, purché si faccia qualcosa” è politicamente fallimentare.

Ma non è certo questo il punto centrale. Non è obbligatorio elaborare un progetto opposto e alternativo. Anzi, il gioco – spesso assurdo – della dialettica politica, prevede lo scontro costante tra una maggioranza che propone e un’opposizione che smonta e distrugge la proposta. Ed è proprio qui che il fronte del NO appare in tutta la sua debolezza politica e scarsa credibilità. Per rendersene conto basta guardare un confronto tra i due schieramenti, uno qualsiasi tra i tanti che ogni giorno la tv generalista propone.

È chiaro come il sole come, almeno nove volte su dieci, i sostenitori del NO non riescano a parlare nel merito di riforma costituzionale ma solo di come sia necessario mandare a casa Renzi e il suo esecutivo. Ed è qui, tutta qui, la debolezza politica, e il paradosso, della maggioranza dei comitati per il NO: il portare avanti una campagna referendaria senza quasi mai entrare nel merito di ciò che il referendum propone.

Fratelli d’Italia per il NO ha preteso di organizzare una tre giorni a Milano, ma non si è parlato di riforma costituzionale, ma di come mandare a casa Renzi (del resto il nome dell’iniziativa, Renzexit, parla da solo). Salvini, che è tra i politici più attivi per il NO, di riforma non riesce proprio a parlare: a ogni domanda sul senato, sul Cnel e via dicendo, lui risponde parlando di migranti. Su Forza Italia e sulla minoranza PD è quasi inutile anche spendere altre parole, visto che la loro credibilità nel portare avanti questa battaglia è forse anche minore delle forze ricordate prima. Forza Italia pretende di essere credibile nell’opporsi a una riforma che è esattamente lo specchio di ciò che chiede da vent’anni e di ciò che ha sottoscritto con il patto del Nazareno (non a caso, nella campagna per il NO, Berlusconi si è sempre guardato bene dal metterci direttamente la faccia, mandando avanti Brunetta, uno che la faccia proprio non ce l’ha). La minoranza PD, in maniera analoga, vorrebbe essere credibile opponendosi a una riforma che a suo tempo ha votato in parlamento.

Quelli che avrebbero realmente da dire qualcosa in merito, quelli che veramente potrebbero e vorrebbero spiegarci dove questa riforma è non solo brutta, ma anche pericolosa, o non hanno voce in capitolo (cioè non hanno spazio nell’informazione che conta), oppure non sono “politicamente spendibili” (costituzionalisti, illustri docenti… purtroppo, e sottolineo tre volte purtroppo, sono completamente fuori dai sistemi comunicativi della politica di oggi: il professor Zagrebelsky, nel celebre faccia a faccia con Renzi, ha provato a fare una lectio magistralis, ma ne è uscito con le ossa rotte).

Il risultato è che i volti del NO sono quelli di Brunetta, Salvini, D’Alema.

In sostanza, molto più che un disastro.

È, questa mia, un’analisi e al tempo stesso un allarme: contraddizioni gigantesche come crepe si stanno pian piano facendo strada. Quel 3% di vantaggio, che ne dicano i sondaggisti, sono ribaltabili in un niente. E, a mia modesta percezione, è proprio quel che sta succedendo: una lenta, ma al momento inarrestabile, rimonta del SÌ.

Si torni a far politica, tornino i politici veri. Prima che sia troppo tardi.

#resistenzeRiccardoLestini

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