Angeli senza nome

Loro che vedete in foto sono alcuni di quelli – tanti, tantissimi – che la storia ha ribattezzato “Angeli del Fango”.
Quelli che, dopo la spaventosa alluvione di Firenze, accorsero volontariamente da tutta Italia (e non solo) per salvare la città non solo mettendo in sicurezza gli inestimabili patrimoni custoditi nella Biblioteca Nazionale di una delle città d’arte più ricche e importanti del mondo, ma anche semplicemente portando se stessi, i loro sorrisi giovani, il loro entusiasmo, la loro voglia di esserci e di fare, dando un senso completamente diverso alla catastrofe.
Un senso prima di tutto umano, di collettività, di comunità universale, di solidarietà e di speranza.
Da qualche parte sono scritti tutti i loro nomi, uno per uno, ma di fatto restano – ed è giusto che sia così – un tutt’uno, un gruppo indivisibile, identificato in quell’espressione unica e piena di significato: Angeli del Fango, appunto.
Domani saranno esattamente 50 anni, 50 anni da quel terribile 4 novembre 1966 quando gli argini del nostro Arno si ruppero inesorabilmente, 50 anni dall’avventura di questi angeli senza nome.
Bello, bellissimo che prima di ogni altra cosa di quei giorni oggi restino fotografie come questa. Fotografie di ragazzi quasi sempre sorridenti, insieme al di là della provenienza geografica, sociale e del credo politico. Fotografie di una generazione unita nell’emergenza e in un obiettivo comune.
Non c’erano i social allora, e forse è davvero un vantaggio strepitoso: quell’avventura resterà pura in eterno. Le catastrofi e le emergenze dei nostri giorni hanno visto, vedono e vedranno solidarietà e interventi spontanei magari non così clamorosi come quelli (era davvero, quella, la “meglio gioventù” possibile), ma ugualmente commoventi. Peccato quella memoria che resterà impressa nei social, che sporcherà di odio, rancore e idiozia momenti così belli e assoluti di vicinanza e umanità.
Per non sporcarle ancora di più magari, ogni maledetta volta che la natura spalanca il suo ruggito indomabile contro di noi, potremmo fare proprio questo: riguardare queste foto, ripensare ai quei giorni.
Ricordare quegli angeli senza nome.

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