Presidente, cosa intende esattamente per “pasticcio”?

Egregio Presidente del Consiglio,

dopo mesi di silenzio, in questi ultimi giorni è tornato a parlare di scuola.
Nella fattispecie, discutendo di quella “epocale rivoluzione dell’intero settore della Pubblica Istruzione” (parole Sue) denominata “Buona Scuola”, Lei ha dichiarato: “sulla scuola abbiamo fatto qualche pasticcio”.

Io, Onorevole Presidente, mi rivolgo a Lei da docente.
Non so se sono un docente “contrastivo”, epiteto entrato prepotentemente nella terminologia scolastica con la Buona Scuola. Non so nemmeno se sono un “bravo” docente. So soltanto di essere un insegnante profondamente appassionato e sinceramente innamorato del lavoro che ho la fortuna di svolgere da un decennio abbondante. Ed è in questa veste – esclusivamente in questa veste – che mi permetto di scriverLe.

Soprattutto, che mi permetto di rivolgerLe questa domanda: cosa intende, esattamente, per “pasticcio”?
Il termine “pasticcio”, nel suo senso figurato, indica – cito dal dizionario – “un lavoro confuso, eseguito male”, oppure “una situazione intricata, difficile da risolvere”.
Visto che Lei ha parlato non di “un”, ma di “qualche” pasticcio, e visto che la riforma della Buona Scuola investe e riguarda innumerevoli aspetti dell’Istruzione, credo – io come tutti gli altri lavoratori del settore, nonché gli studenti e le loro famiglie – di avere sacrosanto diritto a ulteriori spiegazioni, a specificazioni e approfondimenti dettagliate circa le Sue vaghe e frettolose parole.

Forse per “pasticcio” Lei intendeva i criteri del cosiddetto “piano straordinario di assunzioni” che, anziché risolvere – come da Lei continuamente promesso e sbandierato – il problema del precariato storico della scuola e porre per sempre fine alla “supplentite” (altro Suo neologismo), hanno creato ancora più instabilità nella composizione e nella struttura degli organici delle singole scuole?
Si riferiva al fatto che docenti iscritti da anni in graduatorie provinciali siano stati costretti ad una lotteria nazionale, e a lasciare figli, mariti, mogli, compagne e compagni, mutui da pagare e quant’altro? Al fatto che, anche e soprattutto per questo sistema infernale e contraddittorio, la “supplentite” quest’anno è addirittura raddoppiata e in alcuni istituti (il mio ne è una prova) gli organici definitivi si sono potuti avere solo a dicembre-gennaio, e che nel solo primo quadrimestre sulla stessa cattedra si sono alternati fino a tre docenti diversi e che alcune cattedre sono rimaste scoperte e senza insegnante per mesi? Al fatto che i paradossi di cui sopra hanno garantito l’assunzione in ruolo a liberi professionisti in graduatoria da anni ma che mai, e dico mai, hanno messo piede in un’aula scolastica e che invece, viceversa, ha lasciato precari docenti con alle spalle dieci, quindici o addirittura venti anni di esperienza? O ancora al fatto di aver creato dal nulla un organico, il cosiddetto “potenziamento”, per il quale le scuole non erano affatto attrezzate e che, anche quando lo fossero, nella maggior parte dei casi sono stati inviati “potenziatori” con competenze diametralmente opposte a quelle richieste dall’Istituto? Al fatto che molte scuole hanno richiesto “potenziatori” di matematica e si sono ritrovati “potenziatori” di diritto e di storia dell’arte? Al fatto che un docente abilitato in latino e greco si sia ritrovato “potenziatore” in una scuola primaria? Al fatto che molti “potenziatori” vengono lasciati completamente inoperosi da una scuola che non sa cosa fargli fare e che, al massimo, nella migliore delle ipotesi, li usa come “tappabuchi” per le supplenze e le sorveglianze interne? Al fatto che molti “potenziatori” hanno “congelato” la nomina costringendo la scuola a nominare i “supplenti dei potenziatori”, vale a dire precari che sottoscrivono contratti a tempo determinato per coprire ruoli di cui, in molte scuole, non ce ne sarebbe bisogno?
O ancora, lasciando stare i disagi degli insegnanti (categoria incline, come Lei non ha mancato più volte di ricordare, alla lamentela facile) e parlando degli studenti, si riferiva forse al fatto che un numero incalcolabile di alunni – compresi quelli di classi delicate, come sono i maturandi – sono rimasti per settimane o addirittura mesi senza docenti di una o più materie, privati senza averne alcuna colpa di un numero incalcolabile di ore di lezione e pertanto privati di quella Istruzione di cui, come Lei saprà bene, la stessa Costituzione gli riconosce diritto inalienabile?
Intendeva questo, Presidente, quando parlava di “pasticcio”?

Oppure si riferiva al disastro della mobilità, di cui ancora non si conoscono le regole certe né l’effettiva definizione di quegli “ambiti territoriali” che andranno a sostituire le province? Al fatto che molto probabilmente andremo incontro, per il prossimo anno, a una mobilità a dir poco surreale con quattro regolamenti diversi attuati contemporaneamente?
O magari Lei intendeva la cosiddetta “chiamata diretta” del Dirigente Scolastico e i contratti dei docenti in ruolo a scadenza triennale, che, come ormai è palese, anziché garantire all’organico quella stabilità che – ripeto – è stato punto fermo della Sua propaganda, creerà una scuola, e un personale docente e non docente, in mobilità permanente?

O ancora, quando parlava di “pasticcio” si riferiva all’inesistenza, nonostante le promesse, di fondi per ristrutturare gli edifici scolastici fatiscenti e non a norma, all’inesistenza di fondi per progetti di alternanza scuola-lavoro e di stage esterni, indispensabili non solo per il funzionamento, ma il senso stesso dei poli tecnici e professionali?

Oppure, usando il termine “pasticcio”, aveva in mente i docenti precari lasciati senza stipendio da settembre a dicembre e ancora in attesa di ricevere il saldo per un lavoro svolto per, e in nome, di quello Stato che Lei rappresenta?
O ancora pensava alla frustrazione continua cui il Suo Governo sta sottoponendo decine e decine di migliaia di insegnanti precari regolarmente abilitati in onerose scuole di specializzazione create dallo Stato stesso e che adesso, la Sua Riforma, vuole costringere a un ulteriore e immotivato concorso per decretare se siano o meno idonei all’assunzione in ruolo? Oppure alla confusione circa le date e le tempistiche di questo stesso concorso, continuamente rimandate e posticipate?

O magari, parlando di “qualche pasticcio”, pensava al fatto di aver scientemente e sistematicamente denigrato un’intera categoria – quella dei docenti – agli occhi dell’opinione pubblica con una propaganda – in tv e sui giornali (Unità in testa) – senza eguali e senza precedenti?
E infine che magari, il “pasticcio” più grande, è stato proprio questo: non capire che quei docenti che in massa hanno protestato contro la Buona Scuola, non volevano né radere al suolo il Suo Governo né difendere chissà quali enormi privilegi personali, ma volevano semplicemente essere ascoltati, che fossero ascoltati quegli allarmi – lanciati da chi la scuola la vive sulla propria pelle ogni giorno – circa una Riforma che pareva – e i fatti odierni confermano quanto effettivamente lo fosse – assolutamente peggiorativa di una situazione già in partenza per nulla rosea.

Ripeto, non pretendo di essere considerato un “buon docente”. Così come non pretendo, con queste parole, di rappresentare una categoria intera.
Ma vi sono i fatti di questo assurdo anno scolastico a dare sostanza e consistenza a quanto appena scritto. E soprattutto, dopo undici anni passati a servire lo Stato, penso di meritare almeno una risposta.

‪#‎resistenzeRiccardoLestini‬

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