Il senso della decenza (manuale di schizofrenia italiana)

Ignazio Marino da un anno a questa parte è stato individuato come causa di ogni male, compreso l’eccessivo tasso di umidità a Centocelle.
Un accerchiamento, un assedio continuo e, per quanto possa ricordare, senza precedenti che non solo ha coinvolto le opposizioni, ma anche – forse soprattutto – lo stesso partito del sindaco eletto circa due anni e mezzo fa.
Non penso serva essere dei geni, né sia necessario vivere quotidianamente la città di Roma, per rendersi conto di quanto sia stato, e sia tuttora, assurdo, eccessivo e pretestuoso questo accanimento. Non tanto quello delle opposizioni, che nel puro gioco della politica fanno sostanzialmente la loro parte gettandosi a capofitto nell’occasione irripetibile di riprendersi l’amministrazione della città, quanto quello del PD, impegnato da dodici mesi a distruggere il suo stesso sindaco.

Il senso della misura, nonché quello della decenza, imporrebbe in primis al PD quanto meno un’assunzione di responsabilità. Imporrebbe, ad esempio, il dire e riconoscere che il “colpevole” Marino non si è preso Roma calando sulla città alla testa di un esercito di lanzichenecchi, non ha conquistato la capitale marciandoci sopra come nel ’22, né ha imposto se stesso sul modello di Odoacre nel 476. Al contrario, Ignazio Marino è stato individuato come possibile papabile al Campidoglio dallo stesso PD, è passato attraverso il battesimo delle primarie per poi essere sostenuto, al primo turno e al ballottaggio, da un’intera coalizione di cui lo stesso PD era la forza principale e più numerose. Dire, sempre ad esempio, che Marino non è un uomo improvvisamente prestato alla politica di cui l’intero partito ignorava posizioni e capacità, ma che al contrario è un militante arcinoto, già senatore in quota DS e successivamente, ai tempi di Bersani, individuato dal PD tra i tre possibili concorrenti alla segreteria del partito.
Ma nell’inesistenza di un senso della misura, e ovviamente della decenza, il PD non solo si sgancia e “scarica” brutalmente Marino, ma ne rimarca l’assoluta estraneità.

Il mandato di Marino è iniziato, si diceva, circa due anni e mezzo fa. Eppure il suo primo anno e mezzo, se si esclude lo scandalo della Panda, è trascorso sostanzialmente sotto silenzio. Viceversa, sotto accusa sono finiti esclusivamente questi ultimi dodici mesi.
Anche se in dodici mesi, in teoria, sarebbe possibile distruggere un impero, suona oggettivamente assurdo addossare ogni causa della rovina di Roma alle azioni intraprese dall’ormai ex sindaco in quest’ultimo anno. Una lettura dei fatti ridicola tanto quella del PD quanto quella di tutte le opposizioni.
Eppure sta passando l’immagine di una Roma “ante Marino” assolutamente perfetta, esempio mondiale di efficienza e trasparenza, pulizia e funzionalità. Una città in cui, prima dell’avvento del “grande distruttore”, non esisteva criminalità, le borgate erano oasi di pace e silenzio, i mezzi pubblici funzionavano meglio di quelli svizzeri, non vi era traffico e le azioni mafiose erano tutte stroncate sul nascere.

Ma perché proprio da un anno?
Un anno coincide esattamente con l’inizio del gigantesco scandalo di “Mafia Capitale”.
Ed è in questo, proprio in questo, che risiede la mancanza più allucinante di senso della misura e della decenza. Un sistema criminale gigantesco, così enorme da essere riconosciuto da subito almeno come “cancro decennale”. Eppure, ogni responsabilità a riguardo, viene addossata su Marino. Assurdo, grottesco, paradossale.
I paradossi, appunto.
Per Mafia Capitale il PD decide di colpire un sindaco, Marino, non solo oggettivamente estraneo, ma che addirittura non ha esitato a sollevare dall’incarico tutti gli afferenti alla sua giunta direttamente o indirettamente coinvolti.
Per Mafia Capitale il PD mette Marino, innocente a riguardo, sul banco degli imputati, e il partito, coinvolto e implicato fino al midollo, dalla parte degli estranei e dei paladini della giustizia.
Per Mafia Capitale il PD riconosce le responsabilità della precedente giunta Alemanno, di certo oggettive, pazzesche e clamorose, ma lì si ferma, senza andare a ritroso, tacendo su tutte le precedenti amministrazioni di centrosinistra che di certo con questo scandalo c’entrano più di qualcosa.

E anche il pretesto della cacciata definitiva di Marino suona come una comica finale.
Il sindaco viene costretto alle dimissioni per l’ormai celebre scandalo degli scontrini: una cifra imprecisata, tra i 10mila e i 20mila euro spesi da Marino per cene private con la carta di credito del comune. Una leggerezza grave, gravissima senza ombra di dubbio.
Ma come può un partito come il PD (e come possono partiti come Forza Italia, Nuovo Centro Destra, Fratelli d’Italia e Lega Nord) alzarsi come paladini intransigenti di giustizia e trasparenza? Come può il PD giustificare la cacciata di Marino con la storia degli scontrini quando continua ad appoggiare e a fare quadrato attorno al governatore della Campania, De Luca, indagato e condannato in primo grado per reati assai più gravi?
Come può il PD giustificare la cacciata di Marino con la storia degli scontrini quando continua ad appoggiare e a fare quadrato attorno ai responsabili di corruzioni milionarie in merito agli scandali delle cooperative sparse in mezza Italia?

Non finiscono qui, i paradossi.
Anche i sostenitori di Marino si stanno rendendo protagonisti di questo circo assurdo.
Dopo aver assistito in silenzio e indifferenti (esistevano o no?) per diciotto mesi al gioco del tiro al bersaglio al sindaco, eccoli spuntare d’improvviso a decine di migliaia, combattivi, incazzati e indignati. Un risveglio non solo tardivo, ma dai contenuti parimenti paradossali: Marino non solo è innocente e vittima di un attacco assurdo, ma diventa un autentico martire, un eroe, il “miglior sindaco” che Roma abbia mai avuto e via dicendo. Con tutto il rispetto, tra una persona ingiustamente messa al centro di accuse che per la più parte non lo riguardano e Martin Luther King, c’è una bella differenza.

In definitiva: chi è Ignazio Marino? Che genere di politico è?
Temo non lo sapremo mai.
Di certo Marino ha mostrato coraggio in diverse questioni, così come, in moltissime vicende, si è mostrato inadeguato, “leggero”, a tratti goffo e impreparato.
Ma ripeto, un reale giudizio è quasi impossibile da formulare. L’unica certezza è che Marino è stato un politico solo e privo di protezioni, abbandonato da un partito che si è categoricamente rifiutato di “coprirgli le spalle”.
Siamo in Italia del resto, dove la politica si fa non con le capacità, ma con le opportune coperture e protezioni. E quando tali protezioni non ci sono non è che si faccia cattiva politica: semplicemente, è impossibile farla.

Riccardo Lestini

‪#‎resistenzeRiccardoLestini‬

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