Un paio di mutandine rosse (la banalità di uno stupro)

Il rosso ti piaceva, immagino.banalità
Forse era addirittura il tuo colore preferito, il colore del cuore, del sangue, dei tramonti d’estate, della passione, dell’amore. Il colore che ha la vita quando si accende.
Forse per questo le hai scelte così, quelle mutandine, perché a vent’anni la vita è un motore che non si spegne nemmeno se togli la chiave. Perché a vent’anni la vita è un obbligo, un imperativo.
Magari te le aveva regalate un’amica fidata o un fidanzato particolarmente attento ai tuoi gusti. O magari te le eri comprata da sola, in uno di quei pomeriggi di luce piena in cui ci si sente così leggeri che basta entrare in un negozio e farci il regalo che ci piace per sentirsi parte di tutto il mondo.

Oppure no, niente di tutto questo.
Il rosso ti era completamente indifferente. Amavi altri colori, che so, il viola, il nero, l’azzurro, il bianco. Il verde, forse. Del rosso non te ne fregava proprio un cazzo e quelle mutandine erano finite chissà come nel tuo cassetto, uno stock dozzinale arraffato al mercato una mattina in tutta fretta, un regalo sbagliato, un residuato di qualche altra stagione della vita indossato per la stanchezza di non caricare l’ennesima lavatrice.

In ogni caso a chi sarebbe mai importato? A chi diavolo sarebbe mai importato qualcosa del perché e del percome un paio di stupide mutandine rosse avessero preso domicilio nel tuo armadio, del perché e del percome tu quella sera avessi deciso di mettertele addosso?
Chi l’avrebbe mai detto che un paio di mutandine rosse sarebbero diventate così importanti?

Eppure ti hanno cambiato la vita.
Eppure, che fosse o no il tuo preferito, oggi sai che il rosso non è il colore del cuore, del sangue, dei tramonti d’estate, della passione, dell’amore.
Stupida tu, se mai un giorno l’hai pensato e stupido io, che ancora oggi lo penso e lo scrivo.
Oggi sai che il rosso è il colore del fuoco con cui non si deve mai giocare, dell’inferno, del peccato, delle mestruazioni per cui Maria di Nazareth fu cacciata dal Tempio, dell’impurità, della colpa. Della colpa, soprattutto.

Oggi sai che per quel rosso così identico al peccato sei tu a essere cacciata dal Tempio.
Oggi sai che la tua colpa è tutta lì, in quel rosso funesto con cui hai rivestito la tua intimità.
Oggi sai che è stato quel rosso pregno di desiderio e oscenità ad aver trasformato un gregge di agnelli in un branco di bestie in calore.
Oggi sai che avere una notte di passione con uno sconosciuto significa per forza volerne anche quattro, cinque, sei, tutti insieme, a prescindere dal loro volto e dalla loro voce.
Oggi sai che sei tu ad aver voluto quella violenza, le tue carni aperte e divaricate, il tuoi vestiti strappati, il tuo trucco sfatto sotto la luna di una notte di miseria.
Oggi sai che mettersi la minigonna vuol dire provocare, uscire da sola significa adescare, parlare significa attrarre, scherzare significa eccitare.
Oggi sai che essere una ragazza libera significa essere solo una schifosa puttana, una lurida troia che vuole essere presa, sbattuta, fottuta, scopata, che amare la vita e la libertà e la propria giovinezza e mostrarlo al mondo intero significa volere e meritarsi di essere straziata e violentata.
Oggi sai che quella sera, tu e le tue maledette mutandine rosse, non cercavate altro che uno stupro.
Oggi sai che un maschio non può essere colpevole, che mentre raccoglievi i cocci di te stessa le bestie in calore già cantavano dentro birre ghiacciate la certezza della loro impunità.
Oggi sai che sei colpevole per le tue gambe, i tuoi seni, i tuoi occhi.
Oggi sai che sei colpevole di essere donna.

Vorrei poterti scrivere un giorno una nuova canzone di Marinella, reinventare anche per te una notte da principessa e addolcirti la morte, ché pure se sei ancora viva, lo so, una parte di te oggi ha smesso di respirare.
Perdonami se ne sarò capace soltanto domani o tra un anno, se oggi ho solo rabbia e crudeltà per questo nostro mondo così civile che da quello tanto demonizzato dei talebani differisce soltanto in ipocrisia.

Perdonami, se anche io sono un uomo.

Buonanotte, Marinella.

Riccardo Lestini
‪#‎storieRiccardoLestini‬