Cosa ce ne facciamo di questa memoria?
Ecco un nuovo 27 gennaio, una nuova giornata della memoria.
E così ricorderemo, ascolteremo e leggeremo testimonianze, posteremo frasi e fotografie, rabbrivideremo al solo pensare a tanto orrore, vedremo documentari e film e verseremo qualche lacrima sulla bimba in cappottino rosso di “Schindler’s List” e su altre sequenze così forti da spaccarci lo stomaco e piegarci le gambe.
Poi arriverà mezzanotte e tutto quanto tornerà a essere chiuso in un capitolo di storia, da pagina 97 a pagina 112. Senza niente da aggiungere.
Allora prima che arrivi la mezzanotte, prima di postare frasi e fotografie, prima di rabbrividire e piangere, chiediamoci cosa ce ne facciamo di questa memoria.
E magari rendiamoci conto, una volta per tutte, che questa, così come è, non è memoria. È una veglia funebre, una visita al cimitero, un ripasso di una vecchia storia che pensiamo non ci riguardi, un dovere come gli auguri di natale o come tutte le altre scadenze del calendario.
No, questa non è proprio memoria. È un distratto sciacquarsi la coscienza e giustificare 364 giorni di indifferenza.
Perché la memoria è tale solo se è presente, se attraverso il nostro agire quotidiano dà senso e perché al nostro oggi. E al nostro domani.
Allora non sarà vera giornata della memoria, non sarà un vero restituire giustizia e senso ai milioni di vittime, fin quando non capiremo che quel male non venne dallo spazio come un corpo estraneo all’umanità, ma al contrario si nutrì, si ingrassò e si legittimò in mezzo a noi, nella nostra indifferenza, nella nostra ferocia quotidiana, nel nostro bisogno di deboli e indifesi per giustificare la mediocrità della nostra vita e l’ingiustizia che ci circonda.
Non sarà vera giornata della memoria fin quando non capiremo che Auschwitz non è un museo né un film strappalacrime, ma è lì, dietro l’angolo, al di là del mare, nei lager della Libia, nell’inferno dei regimi africani, nelle donne infibulate, negli uomini massacrati dopo orrende torture, nei mille totalitarismi sparsi per il mondo. Proprio lì, proprio qui, in donne e uomini strappati alle loro case, nelle madri separate dai loro figli, nell’oscenità dei morti annegati, nella vergogna dei cadaveri che galleggiano nei nostri mari, sotto i nostri occhi. Proprio lì, nell’indifferenza di oggi uguale a quella di ieri, nel voltare la testa di oggi identico a quello di ieri, nelle atroci giustificazioni di chi crede sia giusto così, oggi come ieri, nella mostruosità di una politica che indica la morte, l’assenza di pietà e di umanità come l’unica soluzione per il proprio benessere.
Per questo io oggi non ricordo.
Io oggi urlo.
Urlo per loro, per tutti loro: per i bambini dei forni crematori, per gli ebrei, per i rom, per gli omosessuali, per i migranti vessati, torturati, affamati, morti annegati, per gli ultimi di ieri e di oggi.
Per la mia memoria che è ieri, è oggi ed è domani.
RL