Verso il cuore

Il poeta da ragazzo sognava e s’innamorava.
Il poeta da ragazzo era cuore e sangue e viscere. Era emozioni potenti e piedi scalzi. Era terra e polvere e sparava alle stelle e frantumava le lune e si ubriacava coi soli.
Ma il poeta un giorno si svegliò uomo e con il cuore che d’improvviso aveva smesso di battere.
E da quel giorno il poeta fu testa e freddo e paura. Fu lucidità e gelo e le stelle e le lune e i soli furono astri immobili e incomprensibili da contemplare senza parole e senza risposte.
Da quel giorno il poeta fu penna e fogli bianchi e muti e immacolati da riempire, fu un universo solo suo senza cuore e senza respiri. Senza musica.
Poi un giorno il poeta si svegliò di nuovo e si sentì pulito e inutile come una stella che tutti guardano e nessuno vede.
Quel giorno il poeta cercò di ricordarsi cosa fosse la vita ma non ci riuscì, perché il battito del cuore arrivava ovattato e disturbato, perché il cuore era ormai sepolto dietro una muraglia di macigni, abbandonato e dimenticato come uno scomodo segreto di famiglia.
Ma quel giorno il poeta capì che doveva alzarsi e camminare e col suono dei suoi passi abbattere e spezzare i macigni che gli imprigionavano il cuore.
Così oggi il poeta torna a vivere e torna sangue e viscere e terra e polvere.
Oggi il poeta torna a sparare alle stelle e ad ubriacarsi di fango.
Oggi il poeta torna a sentire in respiri del mondo e a capire cos’è amore.
Oggi il poeta finalmente torna a innamorarsi.
Oggi il poeta cammina e non si ferma, e a chi gli chiede dove stia andando risponde “Verso il cuore”.

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