Lacrime non ce n’è mai abbastanza quando vien su la scoglionatura

Oggi si vuole parlare dell’ennesima, folle e disperatissima mania del sottoscritto lestoscrivente, il gigantesco Pier Vittorio Tondelli e il suo sconvolgente libro d’esordio: Altri libertini.
Come Andrea Pazienza, di cui abbiamo questionato sette giorni or sono, pure Tondelli proviene da quel gruppetto di artisti formatisi in quel meraviglioso ed esplosivo magma culturale della Bologna del movimento ’77.
Emiliano, di Correggio, provincia di Reggio Emilia per la precisione, Tondelli sempre come il Paz di cui sopra se ne andò presto, prestissimo, nel 1991, ad appena trentasei anni, portato via dall’AIDS.
Eppure, in questo tempo brevissimo, Tondelli riuscì non tanto a darci semplicemente bei romanzi e bei racconti, quanto a rivoluzionare la scrittura.
Tondelli, non raro ma unico, è riuscito ad aggiornare il flusso di coscienza e il monologo interiore alla frenesia degli anni ’80 e della nostra società contemporanea in genere.
Cantore della provincia, della disperazione stinta di quei paesi e di quelle strade dove non accade mai nulla, dello smarrimento cosmico degli anni ’80, dell’emarginazione e della diversità, con Altri libertini, sequestrato appena uscito per oscenità, ha sconvolto chiunque.
Trattasi, Altri libertini appunto, di una raccolta di sei racconti lunghi. Sei racconti “roventi” nel senso più pieno del termine, strettamente connessi tra di loro per ambientazione (sempre l’Emilia, una maledetta Emilia che qui diventa emblema universale d’un inferno postmoderno di provincia), tematiche e rivoluzione stilistica.

Il primo racconto, Postoristoro, è quasi neorealista. Ambientato in una stazione nelle stazioni notturne, ha per protagonisti prostitute, vagabondi, sbandati d’ogni sorta, tutti in attesa dell’avvento messianico d’uno spacciatore che li salvi da una “rota” collettiva e imminente. Una ricerca ossessiva e tragica di eroina (sottolineata dal ritmo ipnotico e travolgente – che non lo si può spiegare, ma si deve leggerlo per forza – della scrittura dell’autore) che si sposa meravigliosamente con la ricerca di affetto, di amore sincero, di cui ognuno di questi personaggi al limite, nella cornice nuda e agghiacciante della stazione di notte, sembra aver bisogno.
L’amore e l’odio, la poesia e la brutalità: è nello sposare i contrasti che Tondelli diventa narratore insuperabile.
La “ricerca”, qualunque essa sia, è il vero leit motiv del libro. Come nel racconto che dà il titolo al libro, dove giovani studenti migrano continuamente da una piazza all’altra, da una città all’altra in cerca d’amore. O come in Mimi e istrioni, dove nell’asfissiante Correggio un gruppo di ragazze, soprannominate in modo spregiativo “le splash”, con la creazione di una Radio Libera cercano la loro dimensione in un paese troppo piccolo per la loro ansia di vita.

Sono eroi, i personaggi di questo strano e indimenticabile libro. Eroi certo decaduti, bislacchi, picareschi. E, soprattutto, senza armatura. Almeno Don Chisciotte ad affrontare i mulini a vento ci andava corazzato. Loro no, sono soli e indifesi in un mondo spietato.

Un torrente linguistico di paratassi, neologismi e consapevoli sgrammaticure che trova il culmine nell’ultimo racconto, Autobahn, la migliore materializzazione dello spleen, dell’inquietudine contemporanea mai scritta.
Basta l’incipit per capirlo:

Lacrime, lacrime non ce n’è mai abbastanza quando vien su la scoglionatura… 

Altro non aggiungiamo.
Tranne che insistere ancora una volta e dirvi: LEGGETELO!
Lo trovate in qualsiasi libreria, nelle edizioni economiche Feltrinelli, prezzo 11 euro.

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