Firenze

Firenze,
basta lo scroscio d’una pescaia
scoscesa e un breve strapiombo
in fuga ed esule
dal traffico imminente
dei ponti di città,
o un cespuglio infetto
nell’asfalto crepato
e una straniera bionda
che tra resti di sassi
e strusci di vesti
cammina quasi in volo
nella luce
a due passi dal fiume.
E subito, nell’istante,
fuori è il miracolo
e in me danza
di lacci annodati al cuore
e di pietre e sanpietrini
e specchio d’Arno.

Tuo prigioniero, Firenze,
come chi non si rassegna
alla bellezza
e ancora va impazzito
alle avventure
e al delirio delle strade.
E io ricordo e non scordo, Firenze,
il tempo che il ragazzo
era ancora ragazzo
e ti conobbe immensa e nuda
e la tua dura scorza e novembrina
non sapeva minacciarlo
e sfrontato e affamato
lui seppe sfidarti e afferrarti i fianchi
e prenderti,
poiché tutto era fascio di luce
e gialla e folle
e brividi di vite e mondo febbricitante
e tutto pareva svanire e rinascere
in se stesso e nella tua grazia.

Troppo facile, allora, morirti dentro,
risucchiato dalle tue carni,
inghiottito dalle viscere oscene
di San Frediano,
spazzato via dalle onde tumultuanti
di turbe senza nome
sciolte nei tramonti immani
dei lungarni;
ubriaco di sole, molle di pioggia,
stravolto di gente,
eterno vagabondo d’autobus
ebbro di profumi e cosce di giovani donne,
libri sotto braccio
e notti urlanti in Santa Croce
e inconcepibili azzurri
nei giardini deserti.
Oh Firenze, era lui il tuo ragazzo
quand’era ancora ragazzo
e in mille volti stupefatti
t’offriva
la sua vita e la sua morte.

Firenze, strade, umori,
voi oggi
vivi e immacolati
ancora parlate
a chi, mille volte morendo,
ha saputo in voi rinascere.
E ora, ragazzo
che ragazzo non è più,
a voi torno
e in voi rimango,
e pur se forte e uomo
ancora guardandovi
posso piangere e stridere
dissolto nei ricordi atroci e lieti
di ridicole stagioni e meravigliose età,
e ancora guardandovi
posso sospirarvi
e come allora vedervi
infinita vanità del tutto
e anello mai spezzato
d’ogni cerchio che si chiude
e, finalmente, risponde.
Follia di ieri mai scordata
e azzurra e nuova mia anima di oggi,
adesso io qui ritorno
per finalmente sposarvi
nel porto quieto e immenso che sarà.
E tu sola Firenze
saprai benedire e farti sacerdotessa
delle infinite voci spezzate
riunite per sempre
nell’uomo
finalmente uomo.
E sarai, Firenze,
di nuovo voci dorate e sogni smisurati,
desideri audaci e soavi inviti nell’ombra
per quel tutto
che sarò diventato
e in quel tutto
ogni giorno
rifiorire.

Riccardo Lestini, 2014 (INEDITO)

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *