Di nuovo su lacrimogeni e pestaggi

Alcune mail di risposta al mio intervento di ieri, nonché la lettura in ordine sparso degli articoli dedicati all’argomento pubblicati sui quotidiani di oggi, rendono necessarie alcune precisazioni.
1. la petizione cui accennavo nel mio articolo fu (correva l’anno 2003) un’iniziativa congiunta delle due principali organizzazioni che gestirono tutte le operazioni legali legate al G8, il Comitato Piazza Carlo Giuliani e il Comitato Verità e Giustizia per Genova.
2. Nel mio articolo di ieri ho citato soltanto due delle cinque richieste contenute nel testo della petizione, vale a dire a) i codici identificativi per gli agenti, da apporre su casco e giubbotto; e b) corsi di educazione alla nonviolenza durante il periodo di formazione degli agenti. Le altre tre richieste erano ugualmente importanti: c) divieto in tutte le operazioni di ordine pubblico dei gas lacrimogeni classificati come CS; d) introduzione nel codice penale italiano del reato di tortura; e) istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sui fatti di Genova.
3. Questa petizione fu inoltrata in Parlamento nella notte dei tempi. Però, a chi mi chiede se la petizione esiste ancora e quante firme occorrono per renderla valida, rispondo che una soglia minima di firme esiste solo per la presentazione di un disegno di legge (50mila) e per un referendum abrogativo (500mila). Una petizione popolare non ha numeri legali previsti. Ricordo a tutti che l’articolo 50 della nostra Costituzione garantisce a tutti i cittadini il diritto di petizione. Ciò significa che qualunque singolo individuo ha il sacrosanto diritto di sensibilizzare le istituzioni su un determinato argomento attraverso lo strumento della petizione. Ovvio che più persone la firmano, più il suo contenuto è preso in considerazione. Quindi, ricordo che, benché già inoltrata in parlamento, esiste ancora, e la si può sottoscrivere anche on line (www.veritagiustizia.it).
4. Altra precisazione sul diritto di petizione: è uno di quei diritti fondamentali garantiti dalla nostra costituzione di cui solitamente non siamo a conoscenza. Una ‘ignoranza’ che parte a monte: nessuno, né a scuola né altrove, ce ne parla, avendo ovviamente tutto l’interesse a non farcelo sapere. Ma la colpa è anche nostra. Contro un sistema che ci vuole ignoranti, abbiamo una sola arma: informarci. E il contenuto della nostra Costituzione, è molto più che la base di una qualsiasi informazione.
5. Quella petizione, ottenne due risultati concreti sulla commissione bicamerale d’inchiesta e sul reato di tortura. Ma, più che risultati, furono gigantesche truffe ben congegnate: sulla bicamerale ho già detto nell’articolo di ieri, mentre il reato di tortura fu effettivamente introdotto, ma con una precisazione assolutamente grottesca: “tortura è tale solo se identica e reiterata”. Che tradotto significa: se ti spacco la testa due volte è tortura, una volta sola no (concetto della reiterazione). Oppure: se ti pesto cinque volte nello stesso modo è tortura, se però lo faccio in cinque modi diversi no (concetto dell’identità). Per cui, anche sul reato di tortura c’è ancora tanto da lavorare, ulteriore dimostrazione che, come scrivevo ieri, è con il lavoro quotidiano e continuo, e non con l’indignazione a caldo, che si può anche solo pensare di cambiare qualcosa. Per questo, pretendo che di tutto questo se ne parli seriamente 365 giorni l’anno, e non che ne urli sguaiatamente 10 giorni ogni due anni.
6. Circa i codici identificativi, leggo oggi un’intervista al leader dei sindacati di Polizia Enzo Letizia. Nell’intervista il dottor Letizia chiede che anche i manifestanti siano riconoscibili, che non si nascondano dietro passamontagna, caschi… (il travisamento, ricorda sempre Letizia, è reato punibile con pena da 6 mesi a 1 anno). Chiede che in dotazione, oltre al numero, gli agenti ricevano microtelecamere per valutare il ‘contesto’ in cui è maturata la manganellata. Conclude dicendo che solo il numero avrebbe come unico effetto la fine della tutela della sicurezza degli agenti. E che gradirebbe, per le manifestazioni come per gli stadi, il provvedimento del Daspo. A parte il discorso sulle microtelecamere, sul quale sono d’accordissimo, è tutto il resto del discorso che non sta in piedi. Dottor Letizia, richiedere a priori una disposizione unica e uguale per chi uguale non è (da una parte lo Stato, Letizia, lo Stato!, dall’altra il privato cittadino), oltre che assurdo assume tinte decisamente grottesche alla luce di quanto successo in questi ultimi anni. Lei, Letizia, è consapevole che sistematicamente sono state applicati due pesi e due misure, in una stramba bilancia legale dove il peso era sempre tutto sbilanciato a sfavore del manifestante? Lei, Letizia, da sindacalista di polizia, avrà senz’altro seguito l’intera parabola legale dei processi relativi al G8. È consapevole che i manifestanti colpevoli di aver divelto asfalto, incendiato macchine, rotto vetrine, aver rubato spalle di prosciutto (la famosa ‘spesa proletaria’ al DìXDì) sono stati accusati di devastazione e saccheggio (reati risalenti al codice del ventennio fascista e mai applicati nella storia repubblicana), processati e condannati? Così come è stato punito anche il da lei menzionato ‘travisamento’. Ma caro Letizia, è ugualmente consapevole che i poliziotti colpevoli di aver fatto saltare intere dentature, aver aperto teste, aver massacrato innocenti, spappolato milze e fegati, lesionato vertebre, aperto mani e perforato polmoni (nessuna esagerazione, ci sono i referti medici), non hanno fatto UN SOLO GIORNO DI DETENZIONE? Che anche quelli (pochi) processati e condannati, hanno goduto di condoni e perdoni e prescrizioni d’ogni ordine e grado? Ma, vorrei dirle dottor Letizia: conta più una macchina o una milza? I sampietrini o un fegato? Conta più un polmone o la porta di un supermarket? Quanto vale una testa? Quanto vale una vita?
7. Anche sui gas C6 le precisazioni sono d’obbligo. Il lacrimogeno CS lo scoprimmo proprio a Genova. Fu chiarissimo dai primi lanci di gas che c’era qualcosa di strano: a parte che a nulla servivano i limoni, lasciavano irritazioni cutanee mai viste né sentite prima. Poi, a G8 finito, scoprimmo che si trattava di lacrimogeni speciali, con una sostanza – il CS appunto – altamente tossica e cancerogena. Visti gli effetti immediati (malattie della pelle, tumori ai polmoni improvvisi e fulminanti, gravi malattie delle vie respiratorie), alcuni chimici si occuparono della cosa e scrissero collettivamente un libro inquietante e illuminante, “La Sindrome di Genova”, edita dai Fratelli Frilli. Credo sia necessario che lo leggiate. Oltre che per sapere cosa hanno causato i CS a Genova, oltre che per sapere che tutti quanti noi che siamo stati a Genova siamo tuttora a rischio per l’elevata esposizione, è necessario leggerlo perché da undici anni il CS, anche se in numero minore rispetto all’arsenale genovese, viene usato in tutte le manifestazioni. Per cui esponetevi il meno possibile. Non lasciate, se potete, gambe e braccia scoperte. Appena tornate a casa fatevi subito una bella doccia calda. Anche in via Arenula, dalle finestre del ministero, mercoledì piovevano CS. Ultima cosa: sapete che il CS era nell’elenco delle armi di distruzione di massa che gli USA di Bush cercavano nell’Iraq di Saddam? Quando facemmo notare tutto questo nel corso dei processi del G8 ci risposero: “Sì. Infatti il CS è vietato. In tempo di guerra. In tempo di pace, quindi anche nelle manifestazioni, no”.
Ai posteri ogni sentenza, ardua o tenue che sia.

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