Mal d’amore

Il poeta, né giovane né vecchio, cammina nel freddo spietato e brutale del mattino, stretto nel suo unico cappotto, nella sua perenne sciarpa vecchia di secoli, nel suo cappellino fuori moda da decenni. Strizza gli occhi, spera che il gelo polare inatteso e indesiderato lo svegli, che gli restituisca la coscienza perduta nella sbronza della sera prima. E’ confuso, le immagini gli si combinano in testa in improbabili mosaici, passati recenti, presenti incerti e futuri inesistenti si sovrappongono senza un minimo accenno di risposta possibile. E’ vagamente addolorato, un malessere diffuso e privo di nome o colore che lo riveste da capo a piedi come un alone silenzioso e invadente. Improvvisamente si sente mancare e ha un capogiro. Forse perché è digiuno, forse la sbronza ancora troppo viva e recente. Eppure non ha mai avuto un capogiro in vita sua. Perde l’equilibrio, precipita leggermente all’indietro, batte la testa su un tubo sporgente d’una qualche impalcatura. Un colpo minimo, leggero, ma forse indispensabile, perché gli evita di perdere i sensi. Si appoggia con una mano al muro e con l’altra si tocca la testa, per assicurarsi che sia tutto a posto. Tutto a posto, almeno pare. C’è una signora lì vicino che ha visto tutto e si avvicina, premurosa e preoccupata.
“Tutto a posto signore? Si sente bene?”, chiede l’infermiera occasionale.
“Sì…credo di sì…”, biascica lui senza nemmeno metterla a fuoco, ancora incredulo per quel lieve senso di svenimento mai provato prima.
La signora però non è convinta. Lo vede pallido, e vuole sincerarsi che vada davvero tutto bene. “Vuole stendersi? Vuol bere qualcosa? L’accompagno al bar…”.
“No, no…davvero…grazie, ma….”. Non finisce la frase. Anche lui è incerto, anche lui non crede di stare poi così bene.
La signora se ne accorge e dolce e risoluta gli allunga la mano sulla testa, proprio dove ha battuto contro il tubo sporgente. Lo tocca delicatamente. “Le fa male qui?”, chiede.
Lui la guarda e un attimo dopo, sconsiderato e senza nemmeno pensarci, si porta la mano al petto, esattamente all’altezza del cuore. E le dice: “No…mi fa male qui…proprio qui signora….”.

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