Il mio editore è un criminale

Fermati, condotti negli uffici della Polizia Ferroviaria e multati.
Perché, mentre prestavano servizio di soccorso e assistenza ai senza tetto tra i binari della stazione di Foggia portando latte caldo, coperte e altri generi di conforto, erano senza biglietto ferroviario.
Assurdo e inconcepibile – almeno a me è così che appare – eppure è successo veramente, ieri sera, ai volontari dell’associazione foggiana Fratelli della Stazione, di cui non solo fanno parte i miei editori (Emiliano Moccia, Claudio de Martino, Sonia Ficelo), ma che è di fatto il luogo di nascita della casa editrice Edizioni fogliodivia, che esiste proprio e principalmente per dare voce agli ultimi, ai dimenticati, ai diseredati.
A quanto pare, la più criminale delle missioni.
Per fortuna, di quanto accaduto ieri se ne sta parlando molto (la notizia la trovate pressoché ovunque), ma il fatto – purtroppo – è tutt’altro che isolato, tutt’altro che eccezionale. Al contrario, è l’ennesimo esempio, l’ennesimo specchio tragico di questi tempi, di ciò che siamo diventati e soprattutto di ciò che saremo. I famigerati “porti chiusi”, per i quali ci siamo indignati e svegliati di colpo, non sono la bomba esplosa all’improvviso, il fulmine dell’orrore in un cielo sereno e azzurro di bellezza, ma la punta dell’iceberg, il punto di arrivo di anni feroci in cui non solo si sono progressivamente ristretti gli spazi democratici fino ad annullarsi, ma dove l’umanità si è perduta e la solidarietà si è trasformata in un reato da combattere.
E tra le tante domande che tutto questo mi fa esplodere dentro, ce n’è una che più di tutte mi divora e non mi lascia stare: come potrò mai spiegare a mia figlia che chi va ad aiutare gli altri, chi senza chiedere altro in cambio ogni giorno tende la mano ai più deboli e bisognosi, ovvero compie le azioni e incarna quei valori a cui cerco di educarla, viene fermato, punito e considerato un delinquente da chi avrebbe il compito di tutelarci e proteggerci?

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