Renato Zero – “Spiagge”

La prima immagine, il primo ricordo che mi si compone in testa, è quello del portapacchi della macchina.
Biciclette e valigie di dimensioni ciclopiche allineate in verticale e fissate e legate con metri e metri di corde e spago. E poi altre valigie, borse, borsoni in un numero imprecisato piene di vestiti, giochi, cibo. Pacchi di pasta, spalle di prosciutto, remi del cannotto, creme solari, libri e piatti di plastica colorata che spuntano da ogni dove. Un ombrellone in obliquo e una TV tra le gambe della nonna. Giornalini e borracce pronte alla bisogna.
Più cinque persone. E una macchina dal peso impossibile che quasi struscia per terra da quanto è carica.
All’apparenza un trasloco, mentre in realtà era solo la partenza per le vacanze. Quindici giorni di mare, una casa da svuotare e un’altra da riempire. Un viaggio di due ore tutto curve e tornanti – dove qualcuno vomitava sempre, rompendo l’incastro perfetto di bagagli e persone costruito scientificamente – che pareva non finire mai.
Destinazione Torrette di Fano, uno dei mille lidi proletari della riviera marchigiana. E l’odore del mare che arrivava sotto il naso prima ancora di vederlo. Poi la distesa di brutti residence in cemento e il sottopassaggio che diceva sì, siamo arrivati.
È un jukebox, sempre lo stesso, di quelli veri con dentro i 45 giri, a tutto volume nel bar col parapetto sulla spiaggia. Che mandava “Spiagge” di Renato Zero. E poi la rimandava. E infine la rimandava ancora. Così, all’infinito, come fosse l’unico disco presente lì dentro. Un sorcino misterioso che passava le giornate a inserire monete per sentire la hit del suo cantante preferito.
Doveva essere l’estate del 1983, visto che “Spiagge” uscì quell’anno. Ma chissà: poteva essere anche l’84, l’85 o l’86… erano tutte uguali, in fondo, quelle estati lì.
Le estati degli anni 80 e della mia splendida e tragica infanzia color pastello…

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