La storia della casa del boia

Se venite a Firenze e decidete, almeno per qualche ora, di uscire dai percorsi più ovvi e consueti, potrete perdervi beatamente nel dedalo di vie e viuzze del centro, una passeggiata dove, guidati solo dal caso e dall’istinto, finirete per imbattervi in una serie incalcolabile di splendori nascosti, stravaganze sconosciute e curiosità interessantissime.
Magari in una di queste passeggiate vi capiterà di finire in via Ghibellina (che parte dal museo del Bargello, a un tiro di schioppo da palazzo Vecchio e va incrociare con via Verdi, a due passi da piazza Santa Croce) dove, a parte le pietre sconnesse che nonostante i continui interventi seguitano a far sbandare paurosamente scooter e biciclette, la vostra attenzione potrà essere attratta dall’edificio situato al civico 69, proprio in cima a quell’intricato isolato tra via delle Pinzochere e via San Cristofano.
Un edificio molto particolare perché, in tre lati su quattro, completamente staccato e isolato (quasi “emarginato” viene subito da pensare al primo colpo d’occhio) da tutti i complessi abitativi della via.
Una stranezza tutt’altro che casuale. Si tratta infatti di uno dei luoghi più sinistri e inquietanti della Firenze antica e moderna. È la cosiddetta “Casa del Boia”, ovvero l’abitazione dell’addetto dalla Signoria o dal Granducato alle esecuzioni capitali. Che per l’appunto doveva restare isolata da tutte le altre case, ben visibile come monito a tutta la cittadinanza. Pare anche che originariamente fosse una specie di “prigione speciale”, nel senso che per molto tempo la municipalità fiorentina non aveva un boia “fisso”, ma incaricava delle esecuzioni altri condannati a morte, che nei giorni precedenti alla salita sul patibolo, stazionavano per l’appunto in questa dimora.

La solitudine del boia, e della sua casa, era così presente nell’immaginario della cittadinanza da diventare a Firenze un modo di dire in uso ancora oggi.
Già il pittore e cronista cinquecentesco Giovanni Paolo Lomazzo, parlando della nota rivalità tra Michelangelo e Raffaello, ci racconta di come un giorno il Buonarrotti, vedendo Raffaello circondato da un seguito adorante di discepolo, gli abbia detto ironicamente: “Dove te ne vai Raffaello così circondato come un proposto?”. E Raffaello, in tutta risposta: “E voi Michelangelo, cosa fare solo come un boia?”.
E ancora oggi, a cinque secoli di distanza, all’ombra del campanile di Giotto, si continua a dire “solo come un boia”.

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