Sull’orlo del precipizio

Non è un caso che l’Italia, nella storia quasi centenaria dei mondiali di calcio, abbia mancato solo una volta la qualificazione (esattamente 60 anni fa, altri tempi, altre storie, altro mondo). E soprattutto non è un caso che l’Italia, con Brasile e Germania, sia tra le nazionali più titolate del mondo, tra le nazionali che la storia di questo sport, oltre a viverla, l’hanno scritta.
Che ci piaccia o no, il calcio, come la pizza, la pasta e le città d’arte, è un marchio di fabbrica, un simbolo e un’eccellenza del nostro imperfettissimo paese. Un ambito del vivere quotidiano dove abbiamo spesso e volentieri fatto scuola in tutto il mondo.
Perciò fa specie, e non poco, vedere la nazionale concretamente a un passo dall’eliminazione.
Ovvio che, se non dovesse farcela, dispiacere e delusione a parte, non ci sarebbe alcuna apocalisse né alcuna catastrofe sociale. Il PIL non andrebbe giù di schianto, Mattarella non scioglierebbe le camere, a Pontida non suonerebbero la fanfara della secessione, la disoccupazione non crescerebbe e, soprattutto, sole e pioggia continuerebbero a splendere o a cadere indipendentemente dal risultato degli azzurri.
È pur sempre di pallone che stiamo parlando, quindi prima di tutto evitiamo drammatizzazioni eccessive e fuori luogo.
Ciò detto e premesso, resta il fatto che questo spareggio thriller in cui la nazionale si trova invischiata è tutt’altro che un incidente di percorso e tutt’altro che casuale.
Al contrario, è la più logica delle conseguenze, il compimento e l’atto di finale di anni di decadenza e cadute a precipizio, che hanno visto il campionato italiano trasformarsi da torneo più bello e ricco del mondo a competizione di second’ordine.
Dopo l’impresa di Berlino nel 2006, l’Italia non è più stata capace di passare il primo turno ai mondiali, sbattendo il muso contro formazioni mediocri e per niente irresistibili. Così come mediocre e per nulla irresistibile è la Svezia che incontreremo stasera. Così se stasera perderemo non sarà per sfortuna, per colpa dell’arbitro o dell’allenatore. Ma solo perché l’Italia è diventata mediocre a sua volta e perché mediocre è diventato l’intero sistema:
stadi vuoti, talenti in fuga, società indebitate fino al collo e non più competitive a livello internazionale, investimenti sui vivai inesistenti, delocalizzazione diffusa e mortale.
Un contesto così deprimente per cui che l’Italia giochi male e non abbia giocatori di livello è la più ovvia e scontata delle conclusioni.
A voler cercare e vedere oltre la dimensione calcistica, un ennesimo campanello d’allarme di quell’orlo del precipizio su cui, da tempo, balla pericolosamente l’intero Made in Italy.

Ps: L’ultima volta l’Italia non si è qualificata era il 1958, mondiali di Svezia. Stasera è proprio con la Svezia che ce la giochiamo. Gli amanti di cabala e coincidenze, sono autorizzati a fare i peggiori scongiuri.
Se poi il peggio dovesse davvero accadere, approfitto per rispondere a chi in questi giorni me lo ha chiesto: amo scrivere di calcio, e di mondiali soprattutto, al di là del tifo, perciò la mia consueta rubrica dedicata ai mondiali ci sarà lo stesso, anche senza Italia e anche con lo scrittore un po’ più triste e abbattuto…

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