Prove tecniche

L’espressione che meglio riassume la settimana della politica italiana appena trascorsa è “prove tecniche”.
Prove tecniche di coalizioni, alleanze, strategie, leadrship.
Prove tecniche di elezioni.

Tra il possibile punto d’arrivo (ma non c’è da giurarci) dell’estenuante capitolo relativo alla legge elettorale, la scontatissima incoronazione di Di Maio come candidato premier dei Cinquestelle, il comizio conclusivo di Renzi alla festa de l’Unità che – qualora ce ne fosse stato bisogno – ha ribadito come eventuali alleanze si costruiranno non sulla base di un dialogo, ma sull’accettazione incondizionata della sua linea politica e, non da ultimo, l’ulteriore rinsaldarsi del centrodestra con l’esibita unità tra Meloni, Salvini e Toti, i blocchi di partenza delle politiche della prossima primavera sembrano ormai, almeno a grandi linee, più che definiti.
Con Berlusconi ancora incandidabile e ineleggibile, ogni schieramento metterà in campo un candidato premier under 45.
Il che, in termini di necessario svecchiamento della classe politica, sembra un buon segno.
Per niente buono però, è il fatto che la casella “statisti”, nella politica italiana, continua a essere tristemente e irrimediabilmente vuota.

Mentre in Italia andavano in onda le prove tecniche, in Germania si è votato davvero. Scontata la vittoria della Merkel e scontato il suo quarto mandato. Meno scontato il quadro complessivo dei risultati elettorali, con la CDU della premier che, nonostante resti primo partito, vede un’emorragia di consensi senza precedenti e l’SPD di Schultz ai minimi storici. Cresce invece – e molto più delle aspettative – l’ultradestra di AFD, che passa da 0 a 94 seggi, affermandosi come la terza forza politica del paese.
Prima però di lasciarsi andare a estemporanei isterismi e indignazioni di maniera per questa nuova e improvvisa impennata neonazista, sarebbe opportuno leggere il dato in profondità. La vittoria (senza nemmeno troppi affanni) della Merkel mentre il suo stesso partito precipita in caduta libera è figlia dell’incapacità della politica attuale di rinnovarsi ed elaborare proposte credibili. La Merkel – che, ci piaccia o no, detestabile o no – resta, oggettivamente, tra i pochi statisti della politica ancora esistenti, vince perché corre contro nessuno. Una vittoria figlia di un vuoto. Lo stesso vuoto che consente a un partito, decisamente grottesco e seriamente impresentabile, di guadagfnare il 13% dei consensi.
Un vuoto che, senza altro da aggiungere, inquieta.

Così come inquietano le continue minacce di guerra e i crescenti deliri nucleari della Corea della Nord.
Che Kim fosse un pazzo dalla pericolosità enorme e incalcolabile, lo sapveamo da tempo. Il fatto che a proteggerci sia Donald Trump, e il fatto che la sua strategia difensiva e offensiva si svolga quotidianamente via Twitter, sinceramente, inquieta ancora di più.

#LuneDiBlog
#laSettimanaInTremilaBattute
#resistenzeRiccardoLestini

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