12 DICEMBRE 1969 – monologo di una strage

È dicembre. Sono gli ultimi giorni del 1969, gli ultimi giorni degli anni ’60.
È dicembre e fa freddo in Italia, a Milano, nel 1969. È quasi Natale e c’è la fiera.
Quel giorno, a Milano, c’è il signor Zilli, un agricoltore che deve depositare in banca tutti i suoi risparmi.
C’è Giovanni, che ha un cinema in provincia e fa il mediatoredi terreni, ed è arrivato a Milano per aiutare un amico a chiudere una contrattazione.
C’è il signor Pietro, che deve ritirare contanti per comprare regali ai suoi figli per la festa di Santa Lucia.
C’è Carlo, che è in bancarotta e probabilmente dovrà vendere tutte le sue mucche.
C’è Enrico, che ha solo dieci anni e deve accompagnare la sorella a fare delle commissioni, ma ha fretta, perché è quasi Natale, e lui vuole vedere le vetrine.
Non si conoscono, tutte queste persone.
Non si conoscono ma alle 16,30 di quel giorno, 12 dicembre 1969, a Milano, in piazza Fontana, si trovano tutte dentro la banca dell’Agricoltura.
Non si conoscono, ma nessuna uscirà viva di lì. Perché quel giorno, 12 dicembre 1969, alle 16,30, a Milano, in Piazza Fontana, nella banca dell’Agricoltura, scoppierà una bomba.
E sarà una strage. 13 morti, 90 feriti. Vengono accusati e arrestati gli anarchici Valpreda e Pinelli, sono loro gli assassini, loro sono i mostri… invece no, è un depistaggio, gli anarchici non c’entrano nulla e quei due sono completamente innocenti. Così Valpreda uscirà di galera qualche anno dopo. Pinelli no. Pinelli pochi giorni dopo la strage vola misteriosamente dalla finestra della questura di Milano durante l’interrogatorio.
E muore.
In realtà la bomba è di Stato… lo sanno e lo vedono anche i muri e non sa e non vede solo chi non vuole sapere e non vuole vedere. Gruppi neofascisti, servizi segreti deviati, strategia della tensione, inizio degli anni di piombo.
Seppellisce gli anni ’60, quella bomba. La risposta più violenta e feroce possibile alle contestazioni del ’68.

È lì Francesco, tra il fumo e il caos della manifestazione indignata del giorno dopo.
Un po’ grida gonfio di rabbia, un po’ piange. Un po’ ha paura.
E pensa ma tu, Elena, dove sei? Dove sei mio giovane bacio, mio unico amor? Dove sei tu, gonna lunga e gambe e cosce e schiena e fascia tra i capelli e caviglie e piedi scalzi e temporale d’estate e mare e sabbia e musica e ancora gambe e sorriso e matita e gioia e lacrime e amore? Dove sei mio giovane bacio, mio unico amor?
Vorrei baciarti adesso, ma stiamo tutti morendo.
Vorrei cercarti, ma non so dove sei.
Vorrei parlarti, ma sto piangendo.
Vorrei chiamarti, ma hai già un figlio da crescere e forse non capisci più i miei versi senza rima.
Vorrei spiegarti ogni cosa, ma siamo tutti soli ormai…
E ancora sirene, macerie, barricate, lacrimogeni. La bomba, il sangue, i morti, piazza Fontana… finiscono così gli anni ’60 e così finiamo noi… addio Elena, amore mio, mio bacio giovane, mio unico amor… t’amerò per sempre, addio… arrivederci amore ciao…

dallo spettacolo “Arrivederci amore ciao – amori battaglie anarchie negli anni ’60”,
di Riccardo Lestini

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