Alì

Da adolescente, quando si ha disperatamente bisogno di trasformare ogni cosa in mito, leggenda e icona, in pochi riuscirono a sedurre il mio immaginario come Malcolm X.
Forse, nemmeno Che Guevara. E nemmeno Kurt Cobain, che della mia generazione fu simbolo indiscusso e indiscutibile.
E fu attraverso la conoscenza entusiasta, eccessiva, smodatamente giovanile della vita e del pensiero di Malcolm X che scoprii l’esistenza e la storia straordinaria di Muhammad Alì.

Non ero – né lo sarei mai stato – un amante del pugilato.
Eppure l’attrazione nei confronti di quell’atleta così atipico e controverso fu molto più che fatale.
C’era, in lui, qualcosa di magico, ineffabile, irresistibile. Una sorta – pur nella sua poderosa fisicità terrigna e stradaiola – di sconvolgente spiritualità.
Oggi, come è normale che sia a pochi giorni dalla morte del campione, è ancora il tempo delle celebrazioni commosse e necessarie, dei monumenti da erigere, delle mitografie adolescenziali di cui sopra. E anche, come sempre, di discrete quantità di sciocchezze da snocciolare.
Poi questo tempo commosso passerà.
E allora, con la dovuta distanza cronologica e l’indispensabile oggettività, capiremo davvero cosa fosse quel qualcosa di magico che lo ricopriva da capo a piedi, cosa fosse davvero quella sconvolgente spiritualità.
Capiremo tutta l’importanza di Muhammad Alì nella storia della società del novecento, che impatto possa aver avuto un giovanissimo campione afroamericano che negli USA all’alba degli anni ’60, a differenza di quelli che lo avevano preceduto (e di quelli che lo avrebbero seguito) si rifiutò di recitare la parte comoda del “negro dei bianchi”, che reale scossa tellurica sia stata vedere un campione ricco e famoso rifiutare di andare a combattere in Vietnam e, in nome di un ideale, rinunciare a tutto (soldi, carriera, libertà).

Capiremo quanto quel ragazzo, che era nipote di schiavi e che schiavo non voleva esserlo più, che sul ring mollava scariche secolari di rabbia volteggiando come una farfalla, che non voleva sparare ai Vietcong, sia stato importante per la storia della libertà.

#storieRiccardoLestini

 

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