Le sconosciute

E poi ci sono le sconosciute.
Passanti di giorni feroci, sguardi e istanti spesso nemmeno ricambiati, cameriere gentili che tra un tavolo e l’altro trascinano via incendi e sorrisi, bariste con matite intrecciate tra capelli d’inchiostro, straniere con vesti struscianti e l’infinito sulle spalle, ragazze che accendono sigarette con l’aria di chi aspetta e non sa vivere a caso, madonne con mani timide sepolte tra i sentieri increspati della lana, viaggiatrici che nascondono misteri dentro borse enormi e tracciano segni di lapis su agende multicolore, femmine pensose che poggiano il mento sulle mani e poi riposano i pensieri bevendo un sorso d’acqua da bottigliette sistemate con cura negli zaini.
Sempre passano in un battito di cuore, in silenzio, e non lasciano traccia. Ma altre volte si fermano, hanno tempo, sguardi e pure parole. Si fanno di colpo regine d’una mattina, d’una giornata della tua vita e diventano tempeste. Uragani di capelli scarmigliati, d’occhi accesi e arresi, cicloni di gambe di tenebra e parole che ti piovono addosso dandoti giorni e futuri da immaginare. Inevitabile amarle, puri e feroci, eroici e ridicoli.
Se ne vanno alla fine, nella vertigine atroce d’un futuro possibile, e lasciano rappresi nell’aria odori crudeli e muti che respiri e bevi, nel sapore assurdo di queste giornate che valgono un’esistenza, mentre fuori è già notte e già ti chiedi quanto ancora, quanto amore ancora in questa vita?

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