Lettera quasi d’addio

Non posso fare altro che salutarti. E salutarti così, con una lettera, perché adesso rivederti non avrebbe senso. Riderei e non con te, ma di te, e lo farei con rabbia e sarcasmo e tristezza. Lo farei con cattiveria. Un giorno lontano scrissi che eri un folletto dagli occhi bicolore piombato sulla terra a scaldarmi il cuore. Oggi dico invece che sei stata una bugia della sorte, un errore del destino, una strada sbagliata e a senso unico imboccata nei silenzi urlanti della mia solitudine. Il tutto che t’ho dato non potevi capirlo, non avresti potuto mai. Io vengo da risse polverose e lontane, le mie sono storie di abiti sbagliati, calzini scompagnati e poche camicie buone tenute come trofei per rare occasioni. Vengo da eroi poveri e senza dimora, da vini pastosi, bestemmie e sudore. Vengo da eroi poveri con troppi perché e nessuna risposta, da violenze ingenue e dolcezze esplosive, vengo da soldi sudati, contati e mai messi da parte. Vengo da strade immobili e sempre uguali dove non succede mai niente, da facce rosse d’imbarazzo e cuori immensi che nessuno vuole ascoltare. Tu vieni dai rumori e dai riflettori, da mari e montagne e centrocittà. Tu vieni dalle spalle coperte di chi può permettersi crisi esistenziali, di chi può permettersi il lusso del gioco dei sentimenti, del capriccio e dell’incoerenza. Ti ricordi, era giugno e caldo e zanzare ci braccavano serrandoci la gola. Era giugno e c’eri anche tu con me, in quel letto che sapeva di lavanda, c’eri anche e solo tu a sfinirmi di baci nel buio, c’eri anche tu a fare l’amore e lo volevi come e più di me. C’eri anche e solo tu dopo l’amore a tremare e a piangere e a lasciare che t’asciugassi le lacrime. Credevo, lo sai, di stringere le tue viscere in quelle lacrime, di distillare il tuo cuore goccia dopo goccia. Ma non c’era niente di nostro in quel pianto e solo il sole del mattino avrebbe avuto il coraggio di rivelarmelo. Perché solo il sole lo avrebbe avuto il coraggio. Non tu, che non sei stata capace di dirmi che era stato solo un gioco, che oltre quella notte non mi avresti più voluto, che volevi lasciarmi sospeso per continuare a vedermi al tuo cospetto a nutrire il tuo egocentrismo e la tua smania di possesso. Adesso non importa più. Ti lascio alla tua confusione di facciata, alla tua sofferenza da poco, ai tuoi luoghi comuni triti e ritriti. Ti lascio alle tue paure inesistenti, al tuo violento calpestare il cuore altrui, alla tua vuota leggerezza. E ti lascio quasi un addio. Perché l’addio, quello vero, è solo per chi mi ha vissuto veramente. E tu nella mia vita, non ci sei entrata mai.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *