Quello sconcertante circo intorno a Dacca

QUELLO SCONCERTANTE CIRCO INTORNO A DACCA

Inutile, non siamo capaci di silenzio, quel silenzio rispettoso e doloroso che tragedie come questa, almeno sulla prima, imporrebbero e pretenderebbero.

Così come non siamo capaci di analizzare, analizzare veramente le situazioni, i contesti, le cause e le conseguenze, anteponendo l’analisi alle divisioni, alle recriminazioni, alle urla, agli sgambetti, alle tifoserie da stadio.

Sappiamo solo buttare tutto in grido, caciara, trasformare le più grandi tragedie in circo, mediatico e non, spettacolarizzare il dolore, spogliare di significato gli avvenimenti e disumanizzare ogni cosa.

E con ‘noi’ non intendo specificatamente ‘noi italiani’.

È un noi tristemente più ampio, onnicomprensivo. ‘Noi umanità’, o qualcosa del genere.

Dacca non fa eccezione.

Anche l’orrendo eccidio di Dacca si è trasformato, nello spazio di un niente, da tragedia in circo, con la sua parata vociante e grottesca di personaggi sconcertanti.

Si comincia da quella violenza e da quella furia indefinibili con cui, soprattutto sui social, orde di improvvisati giustizieri della notte hanno chiesto, chiedono e chiederanno, a questo o quel personaggio, questo o quell’opinionista, un commento, un articolo a tutti i costi per commemorare gli italiani trucidati.

Come fosse un obbligo. Come se le parole dovessero venire per forza. Lo hanno chiesto, lo chiedono e lo chiederanno anche a me, additandomi come fiancheggiatore degli assassini nel momento in cui non lo faccio.

E si comincia pure da chi pare in attesa che certe cose accadano e che, una volta effettivamente accadute, si butta nella mischia, tronfio e a petto in fuori, pavoneggiandosi a suon di ghigni e ‘io l’avevo detto’, come avesse azzeccato il risultato dell’ultima partita dell’Italia.

E si comincia ancora da chi travisa ogni cosa, da chi non sa nemmeno dove sia e cosa sia il Bangladesh, e scambia Dacca per la capitale dell’autoproclamato Stato Islamico e i nove italiani uccisi per eroici combattenti. E pretende fanfare per chi, a suo dire, sarebbe morto in terra straniera difendendo il tricolore.

Si continua poi con gli alchimisti del dolore, con chi armeggia con lacrime e urla disperate mescolandole sapientemente e offrendole in salse raffinate, vendendole in televisione come un qualsiasi prodotto pubblicitario. Chi, in sostanza, mescola pubblico e privato, e ci trascina nel vortice del dolore e dello strazio dei parenti delle vittime, staziona per ore sotto le case, scruta oltre le finestre, attende dichiarazioni, ricostruisce particolari intimi (e inutili) dei defunti.

E non c’è bisogno degli squallidi programmi del pomeriggio condotti da Barbara D’Urso.

C’è il Tg. Uno, Due, Tre, Quattro, Cinque e Aperto… senza alcuna differenza.

C’è il Tg, che su venti minuti dedicati a Dacca, ne impiega almeno tredici a ricostruire la vita privata di chi non c’è più.

C’è il grande circo del Tg, che ci stordisce di tragedie private decentrandoci da qualsiasi vaga comprensione della realtà e dell’entità mostruosa e globale dei problemi.

E si finisce – pure se non c’è mai una fine – con i geni delle soluzioni.

Con chi pensa che quattro vuote rassicurazioni, prive di qualsiasi contenuto, possano d’incanto risolvere ogni cosa, che un basso profilo o pure un pacifismo gandiano-francescano-universale possa, in una specie di ecumenica purificazione, porre fine a ogni violenza.

E con chi pensa che ogni cosa si risolva in tre minuti.

Che basti alzare un muro (ma in entrata, in uscita o in entrambe le direzioni) per avere un mondo non solo più sicuro, ma pure più giusto. Che sia ora di fare giustizia (nei confronti di chi?), che sia ora di tirare fuori le palle, di dichiarare guerra (contro chi e dove?). Che azzerando la tolleranza tutto, d’incanto, diventi perfetto. Che uno Stato chiuso ermeticamente in ogni direzione sia la soluzione di ogni nostro problema (disoccupazione, tasse, rifiuti, banche, mafia Capitale).

E si finisce che le luci del circo e il vociare isterico nascondano ogni cosa.

Nascondano soprattutto le puntate precedenti. Quelle puntate precedenti fatte di follia religiosa, violenza culturale, ignoranza calcolata, miseria, terrorismo diffuso, globalizzazione selvaggia e che, forse, saprebbero spiegarci da dove nasce tutto questo. Da dove nasce il mondo che, nostro malgrado, ci è toccato ereditare.

Quelle puntate precedenti che, pur senza fornirci la soluzione, forse potrebbero indicarci da dove cominciare.

Niente da fare. Vince il circo, purtroppo.

E in questa caciara di nani e ballerine, pure la mia voce, che spesso è indisponente e presuntuosa, preferisce tacere e tornare in silenzio.

#resistenzeRiccardoLestini

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