Una storia di ordinaria oppressone (“Gli anni infami” – libretto di sala)

“Giullare sono io, che salta e piroetta e che vi fa ridere, che prende in giro i potenti e vi fa vedere come sono tronfi e gonfi i palloni che vanno in giro a fare guerre dove noi siamo gli scannati; e ve li faccio sfigurare, gli tolgo il tappo e pffs…si sgonfiano!”

DARIO FO, da “Nascita del giullare” in “Mistero buffo”

“Bisogna farne di strada da una ginnastica d’obbedienza

fino ad un gesto molto più umano che ti dia il senso della violenza,

ma bisogna farne altrettanta per diventare così coglioni

da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni”

FABRIZIO DE ANDRE’, da “Nella mia ora di libertà”

Noi siamo i saltimbanchi, i disperati vagabondi inquieti che teatrando cantano lo splendore e la miseria delle nostre e vostre vite. Noi siamo i giullari, i folli guitti che ancora una volta si presentano sopra queste assi polverose a raccontarvi una storia. Noi siamo i pagliacci, quelli che camminano nel grande carrozzone degli oppressi, dei senza Dio e senza patria. Noi siamo i pazzi, quelli che credono di ridare dignità agli umili con commedie da quattro soldi.

Lo spettacolo che ho scritto e che ‘stasera andiamo a recitare, si chiama Gli anni infami, una storia di ordinaria oppressione in tre atti; ambientata tra il 1935 e il 1950, la storia racconta di Angelo, un qualsiasi contadino dell’Italia centrale alle prese con i continui soprusi del Podestà del suo paese.

La commedia è liberamente ispirata all’opera del Ruzante, quello straordinario giullare cinquecentesco precursore assoluto della Commedia dell’Arte. Le sue opere ci mostrano sempre contadini e disgraziati vari continuamente bistrattati e deturpati da ogni genere di potere; il nostro spettacolo da Ruzante prende anche interi passi (la seconda e la terza scena del secondo atto sono liberi adattamenti del Parlamento, mentre la scena prima del primo atto è una ripresa del Dialogo facetissimo et ridiculosissimo), ma più d’ogni altra cosa prende caratteri e atmosfere, anche se l’intreccio e i personaggi sono completamente di mia invenzione. La nostra storia è infatti ambientata nel 900, i contadini che andiamo ad interpretare vivono in un mondo completamente diverso di quello del Ruzante, eppure…eppure c’è un filo che tiene legati questi quattro secoli, un filo tragico e incomprensibile come la Storia. Nel nostro precedente spettacolo, Pulcinella, una battuta alla fine del seondo atto diceva: “Sono cambiate le popolazioni come pure le dominazioni, ma la puzza…la puzza sta sempre là!”. Ecco, forse alla fine la commedia di ‘stasera vuol dire proprio questo, che bisogna fare tanta strada “per diventare così coglioni da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni”.

RICCARDO LESTINI

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