Ma cosa ve ne frega alla fine di Montanelli?

Siamo sinceri: di Indro Montanelli, degli abusi, della statua e del percome e del percosa debba essere giudicato un intellettuale, non ve ne importa niente.
Proprio niente e a (quasi) nessuno.

Semplicemente assurdo che ve ne accorgiate e soprattutto che vi indignate soltanto adesso. Parliamo di un episodio (disgustoso, spregevole) tutt’altro che segreto, tutt’altro che nuovo: fu lo stesso protagonista a raccontarlo in televisione qualcosa come cinquantadue (52!!!) anni fa. Perché non ne avete parlato prima? Dov’era la vostra indignazione in questi cinquantadue anni? Che poi magari la singola vicenda di Montanelli può anche sfuggire, si può anche ignorare per tutto questo tempo. Ma ciò che una simile vicenda sottende – l’abuso, la compravendita del corpo femminile, il considerare la donna un accessorio del volere e del potere maschile, la cultura maschilista, la violenza e la discriminazione di genere – no. Non solo è problematica ben più antica di cinque decenni, ma ancora – ahimè – tragicamente attuale (compresa la tragedia delle spose bambine, che si perpetra praticamente ogni giorno). Perché per parlarne e per indignarvi avete avuto bisogno della storia (oltretutto tardiva) di un singolo personaggio pubblico?

Stessa cosa per la statua. E’ stata inaugurata nel 2006: perché per gridare allo scandalo e chiederne la rimozione avete avuto bisogno che un gruppo di pischelli, quattordici (14!!) anni dopo la imbrattasse di vernice?

La risposta, purtroppo, è sempre la stessa: perché non ve ne importa niente.
A voi non importa il fatto in sé, ma chi l’ha compiuto. Anzi, nemmeno lui, ma lo schieramento (politico, ideologico o addirittura sociale) a cui appartiene o a cui viene generalmente ricondotto o con cui viene sommariamente identificato.
La logica del tifoso e delle opposte tifoserie insomma, per cui la medesima azione cambia completamente di significato a seconda di chi la compie (così che chi oggi condanna Tizio, nella più totale disinvoltura domani si troverà dalla parte opposta della barricata a difendere Caio, e così via, all’infinito). E che rende impossibile tracciare il benché minimo confine – critico, storico, politico – tra pubblico e privato.

Perché se la cosa in sé fosse per voi davvero importante, probabilmente pensereste a ben altro e a Montanelli e alla sua statua dedichereste davvero poco tempo. E se voleste denunciare l’uomo e la statua eretta in suo onore, lo fareste in un contesto ben più ampio.
Il contesto di una cultura violentemente e ferocemente maschilista che non solo è origine di quell’episodio, ma soprattutto che ancora esiste. E non accenna a retrocedere.
La cultura per cui un libro intitolato “Sposati e sii sottomessa” diventa un best sellers; per cui spopola il più viscido terrorismo culturale circa un’inesistente “didattica gender” che starebbe per conquistare il mondo; per cui ogni giorno ragazzine in ogni parte del mondo vengono atrocemente abusate; per cui ogni giorno in ogni parte del mondo le donne vengono discriminate nella più strisciante delle maniere; per cui una palpata è ancora considerata una “innocente goliardata”; per cui una ragazzina violentata viene messa alla gogna perché al momento dello stupro indossava una minigonna; per cui una donna non è padrona del suo corpo, della sua anima, della sua vita.

Ecco, se ve ne importasse qualcosa, parlereste di questo, denuncereste questo, urlereste contro questo.
Ogni giorno.
Ma non lo fate, né lo farete mai.
Perché non ve ne importa niente.
A voi importa solo fare la ola. E urlare più forte dell’altra curva.

Amen.

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