La tragedia e la farsa: il rapper mascherato e altre catastrofi
Pare sia scontato e inevitabile che, da ‘sanremista’ (aggettivo di rara bruttezza, perciò tengo a precisare che non è di mia invenzione) quale sono, io scriva, commenti e dica la mia su Junior Cally, il rapper mascherato che tanto sta facendo parlare di sé in queste ultime settimane.
Quindi, come da copione, eccomi qui banalmente a parlarne, anche se, confesso, non senza qualche imbarazzo. Anzi, diciamo pure decisamente più di qualcuno. Perché come sempre accade da noi – pianeta Italia – quando una qualsiasi questione si trasforma in dibattito pubblico, diventa subito “qualcos’altro, si smarrisce immediatamente il cuore dell’argomento, si butta ogni cosa nel tritacarne del “tutto” indistinto, la farsa diventa tragedia e viceversa. E non si capisce più di cosa stavamo parlando e perché.
Ma, in questo disordine cosmico, proviamo ad andare con ordine.
Per prima cosa, davanti a questa tempesta mediatica, sono stupito.
Chi mi segue sa benissimo quanto mi sia dedicato (e quanto tuttora, incessantemente, mi dedichi) al tema del femminicidio e della violenza sulle donne, alla denuncia continua di ogni forma di sessismo e discriminazione di genere. Non voglio definirmi esperto, ma quanto meno da persona abituata a confrontarsi con simili tematiche, non avevo mai visto una presa di posizione così netta, una condanna così unanime della violenza sulle donne. Abituato a fare i conti con una marea incalcolabile di distinguo (tutti più o meno vergognosi, dal classico “si però pure lei se l’è cercata” all’intramontabile “che sarà mai una pacca sul culo, solo una goliardata”) del pensiero comune della massa e con l’indifferenza agghiacciante della politica, vedere come tutti, da destra a sinistra, si compattino senza se e senza ma contro i testi di un rapper di dubbio gusto e di ancor più dubbie qualità, francamente sbalordisce.
Dopo tanti sassi nello stagno, ci sarebbe da rallegrarsi, forse addirittura da esultare, se non fosse o un’indignazione assolutamente interessata, e quindi insincera, o l’ennesimo trend del momento, confuso e totalmente acritico, pronto a cadere nel dimenticatoio senza lasciare traccia in capo a qualche settimana.
In secondo luogo, lasciamo stare la musica. È a dir poco grottesco, a dir poco paradossale parlare di Junior Cally e, al tempo stesso, parlare di qualità musicale. Credo sia fin troppo ovvio che questo fenomeno del web sia, artisticamente parlando, assai più che mediocre, a dir poco misero, se non proprio imbarazzante. Sia dal punto di vista strettamente musicale sia per quanto riguarda i testi.
Questi testi, finiti nel mirino, sono oggettivamente brutti, direi orrendi, nella forma prima ancora che nel contenuto. Per questo, a mio avviso, il dibattito su quali fossero le intenzioni dell’autore, se una provocazione o un deliberato attacco all’universo femminile, ha ben poche ragioni di esistere.
La violenza, la crudezza del linguaggio sono talmente scoperte, esibite e ostentate che in ogni caso l’operazione si rivela inefficace, probabilmente anche innocua. Tradotto: c’è un maschilismo molto più furbo e strisciante, un “anti femminismo” (di cui peraltro la canzone italiana trabocca) ben più pericolosi e da cui mettersi al riparo, mentre per le provocazioni, ci vogliono cultura, intelligenza e bravura che no, proprio non sembra abitino da queste parti.
In conclusione, la violenza così ostentata della scrittura di questo ragazzo è funzionale ai suoi limiti di artista. Vale a dire che l’unico modo per ovviare alla sua mediocrità è spingere sull’acceleratore del turpiloquio. L’arte, sinceramente, è altra cosa. E a questo proposito lasciamo stare le polemiche sul come sia possibile che tutto questo trovi spazio sul palco dell’Ariston. Sanremo, e qui sì, parlo da esperto, non è né è mai stato (e né mai sarà) “solo” musica, ma anche (soprattutto?) un fenomeno di costume, che, proprio in quanto tale, negli anni ha ospitato pessime canzoni e discutibili artisti in quantità industriale. Ergo, più che scagliarsi contro il Festival, sarebbe il caso di interrogarsi sul cosa e perché fa costume e tendenza nella nostra società, di cui Sanremo non è causa ma, semmai, effetto.
Riguardo poi alla questione che più interessa, perché può scatenare le diatribe più feroci, ovvero la richiesta di esclusione di Junior Cally dalla kermesse sanremese, siamo al paradosso dei paradossi.
Nel senso: ma perché mai dovrebbe essere squalificato o escluso? Su quali basi, con quali motivazioni?
Ricordiamoci che la canzone su cui tanto si sta discutendo NON è quella che prenderà parte a Sanremo, ma un brano di alcuni anni fa. Viceversa, la canzone in gara (il cui testo, al pari di tutte le altre concorrenti, è già noto e consultabile da chiunque), non ha nulla a che vedere con la violenza sulle donne e, ovviamente, essendo di scena a Sanremo, nulla a che vedere con la violenza verbale del repertorio del rapper. A parte un generico anti sovranismo e una palese critica a Renzi e a Salvini (ma, si veda quanto scritto sopra, non siamo davanti a chissà quale vena satirica o a quale profondità critica di polemica, l’artista era e resta mediocre e i suoi attacchi blandi, triti e banali in maniera sconcertante), non contiene alcuno spunto di discussione possibile.
Perciò non si capisce davvero perché si dovrebbe escludere un cantante per un suo brano pubblicato anni fa che con l’edizione in questione non c’entra nulla. È un caso – più unico che raro – di “censura retroattiva”? Oppure si pensa che chi ha determinate idee o chi in qualsiasi maniera contribuisce a diffonderle non debba calcare simili palchi con echi così vasti?
In quest’ultimo caso, discutiamone. Perché se così è, prima ancora di valutare l’opportunità o meno della cosa, è indispensabile porsi alcune domande: se il tema della violenza sulle donne è così sentito da far scattare una interdizione a ritroso, perché quando questa canzone è uscita nessuno ha parlato? E sì che il rapper non è esploso l’altro ieri. Tutti gli indignati di oggi per quel brano, dove erano al momento della sua pubblicazione? E quella politica che oggi lancia strali e anatemi dove era? Era forse impegnata a inseguire l’hastag del momento – che non era Junior Cally né Sanremo – e archiviava tutte le questioni inerenti la violenza sulle donne come “non prioritarie”?
Non solo, ma se si decide per questo motivo di applicare questa sorta di interdizione sulla base del repertorio di un artista, occorre chiedersi anche (forse soprattutto) perché il medesimo trattamento non venga applicato anche ad altri. Al di là del valore artistico del singolo, Marco Masini, ad esempio, è uno che al Festival ha partecipato più volte, in due occasioni l’ha pure vinto, sarà in gara anche quest’anno ma nessuno ha nulla da dire sul fatto che una delle sue hit si intitoli “Bella stronza” e reciti “mi verrebbe da strapparti quei vestiti da puttana/ e tenerti a gambe aperte finché viene domattina”, nonché “bella stronza che hai chiamato la volante quella notte/ e volevi farmi mettere in manette/ solo perché avevo perso la pazienza”, ovvero la messa in versi dello schiaffo dato per troppo amore.
Oppure i Modà, anche loro a Sanremo negli anni scorsi, arrivati anche loro sul podio, hanno in repertorio la terrificante “Meschina”, dove troviamo versi tipo “sei stata così perfida che soffocherei tutti i respiri che fai”, “voglio vederti strisciare e concederti a me”, “devi dirmi scusami e implorarmi di non uccidermi”, “ma prima inginocchiati e saziati”. Perché nessuno all’epoca – una manciata di anni fa, non negli anni 50, non disse niente contro la loro partecipazione?
La risposta a tutte queste domande, la spiegazione a tutti questi paradossi, è purtroppo fin troppo chiara.
Ovvero, di Junior Cally e di femminicidi in realtà ai più non interessa nulla, sono solo pretesti, hashtag del momento per buttarla in baruffa oggi e dimenticarsene domani, per urlare oggi e tornare, domani, a ghignare “però pure lei se l’è cercata”. E ancor meno importa alla politica, che si butta sull’argomento a capofitto solo per la combinazione Sanremo/elezioni regionali.
Ed è questa, solo questa, a conti fatti, l’unica tragedia: non i testi di Junior Cally, non la gratuita violenza verbale di un rapper da due soldi che tra poco dimenticheremo comunque, ma il fatto che il femminicidio, la violenza sulle donne e la cultura maschilista che domina in ogni dove la nostra società, non saranno mai priorità, mai in cima alle urgenze di questo maledetto paese.
Per nessuno.