La parola ridicolo esiste
Quando ministri della repubblica si esibiscono in sfilate autocelebrative, muscolari e grottesche come quella messa in scena all’aeroporto in occasione del ritorno in Italia di Cesare Battisti, succede questo.
Succede che un arresto diventa un circo, la politica spettacolo, il lavoro dell’intelligence una battuta di caccia.
Succede che una vicenda seria e importante (come quella di Battisti è, oggettivamente e innegabilmente) diventa, di default e nello spazio di un niente, una farsa.
Succede che si confondono la ragion di stato con i muscoli del singolo, la giustizia con la vendetta, l’indagine con il gossip, la verità storica con il chiacchiericcio da rotocalco.
Succede che, sempre di default, a cascata, in un agghiacciante effetto domino, il dramma diventa soap opera, gag da Bagaglino, boutade pecoreccia e volgarotta.
E laddove ci si dovrebbe chiedere quale sia stata la rete internazionale che ha protetto Battisti in tutti questi anni, il perché della continua attenzione sulla sua latitanza e del silenzio su quella di terroristi ben più alti in grado, ben più influenti e coinvolti in tragedie di portata storica ben più gigantesca (leggi: affare Moro), il perché ancora manca non solo la verità, ma anche una semplice discussione priva di omissis e censure sugli anni di piombo, i giornali titolano e parlano e straparlano di dove Battisti ha messo la foto di suo figlio, cosa ha detto alla poliziotta che lo ha arrestato, che cosa si è potuto portare in cella, la marca dell’orologio dell’avvocato che lo assiste.
Non è un caso che, oggi, la migliore cosa che ho letto sul caso Battisti è un post dell’amico Revoyera che, giustamente, si chiede: “ma Battisti ha magnato oggi? Ditecelo, nun ce fate sta’ in penziero!”