Gli anni ottanta, Perugia, l’eroina… il mio nuovo romanzo e l’anno che verrà…
Come molti di voi avranno visto e saputo da diversi post pubblicati ultimamente, ad anno nuovo uscirà il mio nuovo romanzo, intitolato “Il Piccolo Principe è morto”. Per l’esattezza uscirà a fine gennaio, quindi in realtà tra pochissimo, ma continuare a dire “ad anno nuovo” è un’ottima medicina contro gli attacchi di panico (tra due giorni non potrò più farlo e allora sarà davvero una tragedia).
Dicono che, al quarto libro, alle ansie da vigilia si dovrebbe essere avvezzi. Ma a parte il fatto che è quel genere di cose cui non ci si abitua mai, questa volta è diverso. Diverse le emozioni, diverse le paure. E diverse anche le aspettative.
Per quanto abbia un legame straordinariamente profondo e viscerale con tutto ciò che ho scritto in vita mia, in questo caso il senso di appartenenza e simbiosi è ancora più forte, intimo, gigantesco. Una storia che, scriverla, mi è costata una quantità spaventosa di dolore, lacrime, scoramenti (anche se, chiariamo subito: NON è un romanzo autobiografico, almeno non nel senso più letterale del termine), un percorso tortuoso e accidentato dove infinite volte ho pensato di mollare e non farcela. Ma che allo stesso tempo mi ha regalato quintali di gioie e chilometri di felicità.
Soprattutto una storia che, scriverla, mi è costata anni. Chi mi conosce mediamente bene, sa come io sia uno scrittore generalmente “lento”, le cui opere nascono in tempi che spaziano dal lungo al lunghissimo. Ecco, con questo romanzo abbiamo senz’altro toccato i tempi biblici: ho iniziato a scriverlo una quantità infinita di anni fa nella hall di un ostello di Cork, in Irlanda, e ho messo la parola fine più di due lustri dopo, al termine di una notte particolarmente gelida e totalmente insonne in una casa del centro di Firenze dove oggi non abito più. In mezzo, letteralmente, una vita. Viaggi, traslochi, incontri, addii. E, a fare da fil rouge, questo romanzo, onnipresente, a volte impertinente altre volte discreto, con i suoi mille fogli sparsi, le infinite versioni rilegate e corrette a penna, i files sparsi in più computer diversi.
Nel tempo che separa la fine della scrittura a oggi si contano altri anni, segnati da ricerche, proposte editoriali, trattative a un passo dalla conclusione e poi naufragate, complimenti e saluti, speranze e delusioni, rimpalli da una casa editrice all’altra.
Alla fine a pubblicarlo sarà la casa editrice Il Foglio di Via, una realtà indipendente piccola ma importante, coraggiosa, fatta di gente vera, militanti della strada, in prima linea, che pubblicano storie in cui credono e a cui somigliano. Storie, come dicono loro, “nate dalla polvere”. Storie di diseredati, senza tetto, prostitute, migranti, tossicodipendenti, carcerati. Le storie degli ultimi.
E per me è veramente splendido che siano proprio loro a pubblicarmi, veramente splendido essere diventato un loro autore. Perché li ho cercati, voluti, “sperati” con tutto il cuore.
Perché anche il mio romanzo viene dalla polvere e dalla strada, e nessuno meglio di loro poteva accoglierlo, farlo proprio, crederci.
Come qualcuno di voi avrà intuito vedendo il “teaser” (odio questo termine, ma pare si debba dire proprio così) che ho pubblicato un paio di settimane fa e che gira in questi giorni su youtube, si parla di droga. Di eroina per l’esattezza. Una storia ambientata negli stinti, leggendari e maledetti anni ’80, in quella Perugia che in superficie ci si ostinava a dipingere come il ridente capoluogo dell’incantata Umbria “cuore verde d’Italia”, ma che in realtà, nel suo ventre, era una delle più terribili e angoscianti capitali dello spaccio e del consumo di eroina, tetro e spaventoso teatro di quella silenziosa strage fatta di quotidiane morti per overdose. Protagonista, un silenzioso e solitario ragazzo di appena diciotto anni.
E basta così. Altro non dico e soprattutto non voglio dire. Cosa c’entri il Piccolo Principe, la canzone “Il cielo in una stanza” e tantissimo altro, chi vorrà lo scoprirà leggendo il libro.
Per il resto, ci si può giustamente chiedere se abbia senso parlare ancora, oggi, di anni ’80 e di eroina. O se, come ebbe a dire un editor un paio di anni fa, questo romanzo “per quanto bello” non sia “decisamente fuori moda”. Io non lo so, non lo so davvero. Io lo ho soltanto scritto. E quando scrivo, se scrivo, lo faccio perché mi sono innamorato di quella storia, e l’amore non mi lascia il tempo di chiedermi se sia di moda oppure no.
Davvero non so se il mio romanzo sia fuori moda. Di sicuro so che, purtroppo e tragicamente, non è fuori moda la droga, la dipendenza e non è fuori moda nemmeno l’eroina, che al contrario sta tornando con la più atroce delle prepotenze.
Per questo con la casa editrice abbiamo pensato di avviare, per il 2019, dei progetti con le scuole superiori e con le comunità di recupero. Non ho scritto un saggio sulle dipendenze né un trattato sugli adolescenti. Ho scritto solo un romanzo, ma forse può essere un modo diverso per creare un’occasione di incontro, dibattito e confronto tra le generazioni, tra chi c’è passato e tra chi ci sta passando, tra chi ha vissuto e tra chi rischia di viverlo.
Se qualche scuola, qualche insegnante (e ovviamente qualche alunno) o qualche associazione fosse interessata alla cosa e volesse maggiori informazioni per valutare un progetto comune, può scrivere a storieuniversiresistenze@gmail.com. Lo stesso vale per qualsiasi libreria (o per qualsiasi spazio in genere) fosse interessato a organizzare una presentazione.
Con calma e con pazienza (già oggi il calendario degli appuntamenti è molto fitto) farò in modo di andare dappertutto. E di portarmi dietro una banda di musicisti e lettori che renderanno la presentazione meno canonica (e, speriamo, meno noiosa possibile).
Infine, ricordatevi: al momento della sua uscita il libro avrà sì una distribuzione capillare in tutta Italia, ma non lo troverete in tutte le librerie: in tutte le librerie sarà però possibile ordinarlo. E se lo ordinerete in una libreria piuttosto che su Amazon, personalmente sarò più contento.
Ma questo è un altro discorso che ci porterebbe davvero troppo lontano, e per adesso penso di aver parlato anche troppo. Ma cercate di capirmi: sono gli ultimi momenti che passo “da solo” con il mio romanzo e parlarne a ruota libera è quasi inevitabile. Tra qualche settimana non sarà più solo mio e senza dubbio parlarne diventerà molto più difficile.
Viene naturale pensare che per uno scrittore il momento della pubblicazione sia qualcosa di meraviglioso senza troppo altro da aggiungere. Certo è una tempesta di emozioni impossibile da raccontare, ma paradossalmente è anche terribilmente doloroso, perché di fatto è una separazione, una rinuncia a un qualcosa che ti appartiene visceralmente, un dare in pasto un pezzo di te al mondo intero. In questo caso poi, dopo aver passato con questo romanzo oltre dieci anni, il distacco è particolarmente complicato.
Comunque, che sia solo mio, di tutti o di qualcuno, che piaccia o no, che emozioni o infastidisca, “Il Piccolo Principe è morto” sarà il mio 2019, l’impronta più forte sull’anno che verrà.
Perciò è con lui, con questo romanzo che ancora mi toglie il sonno e che così tanto mi appartiene, che vi aspetto nel 2019.
E che vi mando gli auguri per un anno pieno di emozioni, avventure, parole, batticuori…
RL
Out here in the perimeter there are no stars
Out here we are stoned, immaculate
(Jim Morrison)
Suona un’armonica, mi sembra un organo che vibra
Per te e per me su nell’immensità del cielo…
(Gino Paoli)