Il nulla

In questi mesi trascorsi a seguire da vicino e a commentare quasi quotidianamente la campagna elettorale prima e la crisi di governo poi, ho finito per convincermi ancora di più di ciò che penso da tempo: la vera tragedia “antropologica” e “culturale” di questo paese è l’impossibilità di un confronto reale, concreto e, soprattutto, sereno.
Le elezioni ci sono state, gli italiani si sono espressi, lo stallo pare in via di soluzione, c’è una maggioranza in formazione, un contratto di governo più o meno definitivo è stato messo sul piatto.
A questo punto sarebbe non tanto interessante, quanto logico discuterne senza gli isterismi, gli slogan e le urla della campagna elettorale. Ma non sembra proprio possibile. Ingabbiati in un irreversibile corto circuito civile, per cui ciò che si dice sopravanza non solo ciò che si fa, ma ciò che oggettivamente è fattibile, dove al principio di realtà subentra quello del virtuale, dove chiamiamo nuovo ciò che più vecchio non si può e dove pancia e testa parlano la stessa lingua che, ahimè, non è quella della seconda. Spettatori, tifosi e in un certo senso artefici (perché, a questo punto vogliamo che sia così, dobbiamo volerlo) di una perenne campagna elettorale, viviamo in una rassicurante cecità tanto nel parteggiare quanto nel contestare. Stiamo perdendo ogni senso critico, ogni spirito di analisi, ogni parvenza di oggettività, ogni disponibilità al dialogo. Con un linguaggio sempre più misero, ci stiamo instupidendo definitivamente nella logica della contrapposizione astratta che non ammette sfumature. Esercito di manichei dall’animo immiserito, non sappiamo più scegliere e sappiamo solo tifare. Non ci interessa né osservare né valutare, ci bastano i proclami. E ciò che sbandieriamo in entusiasmi liberatori come post ideologico non è altro che rigurgito dell’ideologismo più anacronistico possibile.
Non è un mistero come io sia lontanissimo dal Movimento Cinquestelle e ancora meno misterioso è quanto sia su posizioni sistematicamente opposte, e inconciliabili, a quelle della Lega. Nonostante questo, vorrei tanto discutere questo contratto, analizzarlo, dibatterne in confronti il più possibile allargati, sapere cosa ne pensa veramente la gente, punto per punto. Ma più ci provo, più le mie parole, scritte od orali che siano, perdono forma, consistenza, senso, schiacciate dalle urla delle opposte tifoserie, ingabbiate in un comizio continuo che non ammette contraddittorio.
I tifosi del contratto non ammettono critiche, ai dubbi contrattaccano con un frasario tipo “allora se non ti va bene continua a votare il PD” (io non ho mai votato il PD, ma non importa, la semplificazione, lo schematismo produce questo), oppure “per la prima volta si lavora seriamente al governo e vi lamentate?” (e chi ha detto che non stiano lavorando? Ma non per questo si perde il diritto a evidenziare delle perplessità). Sulla curva opposta stessa musica, si certificano incompetenze a priori, sbagli e atrocità prima ancora di leggere e di sapere.
E da ambo le parti, ovviamente, complotti come se piovessero, bufale a quintali e chilometri di insulti.
E nessuno che parli dei contenuti.
Mai.

#specialeElezioni2018
#resistenzeRiccardoLestini

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *