Caro professore ti uccido

Gli episodi di bullismo nei confronti degli insegnanti sono atti gravissimi. Imporre, e imporsi, di sanzionarli è francamente il minimo. E non credo ci sia troppo altro da aggiungere.
Ma mi pare altrettanto grave il modo in cui si sta affrontando il problema, la maniera con cui se ne parla.
In generale stiamo vivendo il solito sensazionalismo da notizia del momento, che come sempre distorce e deforma la realtà dandoci l’erronea percezione che questi atti di violenza siano problemi contingenti, limitati a oggi, a questo scampolo di tempo che è il nostro immediato presente. Uno schema che si ripete di continuo, una “informazione a orologeria” che fa scoppiare “il caso” e poi moltiplica in maniera seriale le notizie a riguardo condensandole in pochi giorni. E infine smettendo di colpo di parlarne e dimenticandole, archiviandole nella memoria di ognuno come fenomeni passeggeri, come perturbazioni atlantiche spazzate via da qualche anticiclone. Ieri il femminicidio e lo stupro, oggi il bullismo e le baby gang. Domani chissà.
Ma non siamo affatto davanti a un’emergenza improvvisa. Al contrario, è un problema antico e radicato, che si verifica da tempo (e allora iniziamo a chiederci perché non è stato affrontato già in passato), continua a verificarsi e, temo, si verificherà ancora.
Che se ne parli è senz’altro un bene ed è senz’altro sacrosanto. Ma da un lato gli esegeti alla Serra che leggono il tutto nell’ottica (assurda, per non dire apertamente classista) di differenze sociali ed economiche, dall’altro i teorici della punizione esemplare come panacea di tutti i mali, non fanno altro che allontanarci da una comprensione reale e concreta del fenomeno.
Il problema, oltre che annoso, non è certo limitato e circoscritto alle scuole difficili e di frontiera, a quegli istituti che raccolgono gli strati più deboli e disagiati della società. È al contrario trasversale e interessa tanto il centro quanto la periferia, tanto la più rinomata delle strutture quanto la più fatiscente e scalcinata. Cambiano magari le modalità, ma la sostanza resta la stessa.
Questo perché il problema non è tanto di maleducazione, quanto di vera e propria diseducazione. Una diseducazione a pioggia, che parte da molto lontano e non è conseguenza di disagio e indigenza, ma riguarda e interessa ogni strato sociale. Un processo, o meglio un vero e proprio “progetto”, che ha deliberatamente e sistematicamente svalutato la scuola e gli insegnanti, tanto come ruolo quanto come funzione, che ha progressivamente negato qualsiasi validità dell’operato dei docenti e dell’intero percorso educativo e formativo. Che ha distrutto l’idea di scuola come laboratorio della società del futuro e l’ha relegata ai margini, trasformandola in un vuoto e inutile rito di passaggio, un parcheggio privo di senso che, nella migliore delle ipotesi, va semplicemente sopportato.
E i concorsi di colpa, in tutto questo, sono plurimi e molteplici, da chi ha disegnato questo scenario a chi lo ha tacitamente consentito nella più bieca indifferenza. Da un lato si è messo in atto un tragico gioco al ribasso, togliendo ore all’educazione e alla formazione, svuotando programmi e didattica, riempiendo la vita scolastica di pratiche grottesche e parole altisonanti e tristemente prive di contenuto. Contemporaneamente e da più parti (televisione, famiglie, politica, internet), è passata – fino a radicarsi in maniera profonda – quella cultura che rende prassi la scorciatoia, mortifica il talento a favore della furbizia, antepone la competizione alla competenza, distrugge il valore dell’impegno in nome del successo facile e immediato e certifica il denaro come unico termometro del valore del singolo.
Il risultato è una categoria di insegnanti mortificata in partenza, bollata come incompetente a priori, bersaglio naturale di ogni genere di attacco e polemica, da irridere nelle maniere più truci e deleterie.
Con tutto che i fatti che in queste settimane si sono guadagnati gli onori della cronaca non sono che una minima percentuale, i casi più eclatanti e clamorosi, quelli finiti dentro un telefonino e un video condiviso o che non sono stati stoppati da un dirigente scolastico zelante e timoroso di finire sotto i riflettori (e in qualche aula di tribunale). Nella realtà materiale il fenomeno è ben più ampio e complesso. Soprattutto, è quotidiano, composto da una miriade di piccoli episodi in cui però la protagonista è sempre l’assoluta mancanza del più elementare rispetto. Episodi che all’apparenza non hanno certo la gravità di quelli che abbiamo visto in questi giorni, ma che ne rappresentano l’origine, l’humus che li sottende e li consente.
Sanzionare e punire, dicevo all’inizio, è ovvio e dovuto. Ma pensare che la soluzione passi per l’inasprirsi dei provvedimenti è molto più che illusorio. Perché noi possiamo punire questi avvenimenti – dalle smargiassate alle violenze vere e proprie – quanto vogliamo, possiamo sospendere ed espellere i responsabili, denunciarli, istituire la tolleranza zero, militarizzare la scuola. Avremo dato un segnale, un monito, avremo punito il singolo responsabile e fatto giustizia sul singolo episodio. Ma il problema generale, alla base, resterà immutato.
La scuola non deve riconquistare autorità, ma autorevolezza. Se si vuole veramente risolvere il problema, e non soltanto limitarsi all’atto di sacrosanta giustizia nei confronti di un reato, è in questo senso che bisogna intervenire, all’origine e non al momento terminale.
Ovvero bisogna ridare alla scuola (di cui gli insegnanti sono il puntello e l’architrave) quella dignità e quel ruolo educativo e formativo centrale di cui non i docenti, ma la società tutta ha bisogno vitale. Restituire al tessuto sociale un’idea sana di cultura, tornare a valorizzare l’impegno, il talento, la competenza, l’intelligenza.
Un lavoro in cui gli insegnanti non possono essere lasciati soli, ma che deve essere svolto e compreso da tutti, a partire da chi del sistema tiene e tira le fila.
Solo così possiamo sperare di cambiare le cose.
Anche se temo che questo non sia proprio l’interesse di nessuno.

#resistenzeRiccardoLestini

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