Quando e perché dimettersi

Facciamo un gioco e partiamo dalla presunzione d’innocenza. Ovvero, mettiamo che l’ex Ministra e attuale Sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi sia completamente estranea ai fatti che le vengono contestati.
Anche e soprattutto in questo caso, nel caso cioè di piena e totale innocenza, dimettersi, farsi da parte, fare un passo indietro o di lato o come vogliamo chiamarlo, sarebbe un atto dovuto e necessario. Un atto dettato da logica e, soprattutto, da quel senso di responsabilità che dovrebbe avere chiunque pretenda di rappresentare lo Stato.
Significherebbe, dimettersi, permettere alle indagini di svolgersi serenamente e con piena trasparenza, senza intralci istituzionali e senza quelle ombre e complicazioni che il proprio ruolo inevitabilmente comporta. Significherebbe accertare ogni cosa esclusivamente in sede giudiziaria, al di fuori dell’arena politica, dove ogni cosa è per forza di cose viziata da logiche di partito e schieramenti, ancora più accese a ridosso delle elezioni.
Questo purtroppo non accade e non per colpa diretta della Boschi. O quanto meno non solo. È proprio la cultura politica italiana a essere sostanzialmente estranea al concetto di dimissioni. La Seconda Repubblica, dove le odissee giudiziarie di Berlusconi hanno fatto scuola, ha cancellato questa prassi, col risultato che non esistono più colpevoli né innocenti, ma solo sospettati. Per di più in eterno.
Anche per Berlusconi potremmo applicare la presunzione d’innocenza e ragionare come se il famigerato conflitto d’interessi non esistesse, come se fosse completamente estraneo a tutti i molteplici reati contestatigli negli anni. Il problema è che l’ostinazione, sua e di chiunque altro coinvolto in vicende giudiziarie, ad andare avanti sempre e comunque, l’indisponibilità a priori a dimettersi, ha ostacolato il normale corso della giustizia, ha aggirato i processi, ha impedito puntualmente reali chiarimenti. Finendo in ogni caso, colpevole o innocente che fosse, per restituire un’immagine fosca e inquinata. Non proprio un bello spot per la Repubblica e la sua cabina di comando.
Non si tratta di eccesso di zelo, né di smania di giustizialismo. Anzi, siamo convinti che la tentazione di “forca facile” sia, all’opposto, un altro problema annoso che rende ugualmente impossibile serenità e trasparenza di giudizio.
Non si tratta di chiedere dimissioni ogni volta che arriva un avviso di garanzia, che spesso – penso soprattutto ai sindaci – è un semplice atto dovuto. Si tratta di necessità di trasparenza. E la trasparenza, in vicende così complesse e inquietanti che coinvolgono personaggi di primo piano alla guida del paese, come quella di Maria Elena Boschi, passa necessariamente dal coraggio e dalla responsabilità di farsi da parte.
Ma evidentemente, coraggio e senso di responsabilità, qui da noi, Italia, pianeta Terra, non sono proprio di casa.

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***carissime lettrici e carissimi lettori, vi ricordiamo che domenica prossima, 24 dicembre, il blog va in vacanza. La rubrica del lunedì, LuneDiBlog, quindi vi saluta, dandovi appuntamento a lunedì 15 gennaio.

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